La città che sale - Umberto Boccioni

la città che sale - Umberto Boccioni

il progetto di Boccioni è imperniato sulle espressione dell'energia e lo porta ad inventare nuovi codici espressivi, fino a creare brillanti composizioni cromatiche. La città che sale è una visione lirica, enorme vortice di gas colorati, massa di energie in fusione, espressione di forze primordiali, immagine della modernità in espansione

Una potenza inedita. L'incedere delle ciminiere, dei piloni e degli edifici di fondo, scandisce la superficie dipinta, segnando l'eruzione del ritmo. Il colore diventa luce, la luce movimento, il movimento espressione pura della modernità. Il dipinto rifiuta le vecchie leggi dell'armonia, mira alla dissonanza, alla frammentazione, alla contraddittorietà tipiche del sentire dell'uomo moderno. Un mondo in cui i colori squillanti del giallo e del verde si contrappongono ai blu profondi e ai rossi brillanti

UN QUADRO PRESAGIO DI MORTE

Quando Umberto Boccioni iniziò a dipingere nell'estate del 1910 a Milano la grande tela, non sapeva che vi avrebbe raffigurato il momento della propria morte.

Il quadro è attraversato da una tempesta rossa in forma di cavallo contratto nella tensione del traino, che Trascina con sé una folla di carpentieri, calcinai, fabbri, falegnami, manovali, impegnati a costruire i palazzi che sullo sfondo salgono verso il cielo. In groppa al cavallo una sagoma scura come un'ombra. Intorno un'ondata policroma di criniere, zampe, braccia e gambe.

Arrivò la mattina del 24 luglio 1916, insieme a una cartolina di richiamo alle armi, che assegnava l'artigliere Boccioni Umberto alla compagnia di stanza a Chievo, alle porte di Verona. Sarebbe entrato nella squadra che governava le quattro coppie di cavalli impiegati per il traino dei due cannoni. E' rimasta di quei giorni, una fotografia che ritrae il giovane Boccioni in sella ad uno dei cavalli. Ed è l'ultima immagine della sua vita.

Il cavallo era una giumenta baia, a cui il pittore aveva dato il nome di Vermiglia. Nella foto, il cavaliere, divisa e gambale di cuoio che stringono i fianchi di Vermiglia, è voltato verso l'obiettivo e ride. Una risata di felicità.

Il 16 agosto Boccioni esce con Vermiglia. Lei è una giumenta docile, ma lui è un cavaliere novizio. Lungo la strada che porta a Verona, Vermiglia all'improvviso si impenna e scalcia, come il cavallo fiammante dipinto nell'agosto di sei anni prima. Il pittore cade sbattendo la testa contro i sassi. Rimane a terra svenuto con un piede impigliato nella staffa. Vermiglia si calma e se ne va tranquilla a cercare l'erba fresca, trascinando il cavaliere inerte, con i capelli insanguinati. Finché una contadina che lavora nei campi lo vede e lancia l'allarme. La morte arriva all'alba del giorno dopo

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