Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04

Cicerone, De officiis: Libro 01 - Parte 04

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 01 - Parte 04
Qua re expetenda quidem magis est decernendi ratio quam decertandi fortitudo, sed cavendum, ne id bellandi magis fuga quam utilitatis ratione faciamus

Bellum autem ita suscipiatur, ut nihil aliud nisi pax quaesita videatur

Fortis vero animi et constantis est non perturbari in rebus asperis nec tumultuantem de gradu deici, ut dicitur, sed praesenti animo uti et consilio nec a ratione discedere

Quamquam hoc animi, illud etiam ingenii magni est, praecipere cogitatione futura et aliquanto ante constituere, quid accidere possit in utramque partem et quid agendum sit, cum quid evenerit, nec committere, ut aliquando dicendum sit non putaram
Si preferisca, dunque, la saggezza di una buona decisione alla prodezza di una fiera battaglia, con questa riserva però, che si anteponga il deliberare al combattere non già per paura della guerra, ma solo per riguardo dell'utile comune

A ogni modo, quando è necessaria, si intraprenda pure una guerra, ma sempre e solo con l'evidente scopo di procurare la pace

In verità, l'uomo forte e costante si riconosce in questo: le avversità non lo turbano, la lotta non lo sgomenta e non l'abbatte; sempre presente a se stesso e sempre padrone del suo spirito, egli non si discosta mai dalla ragione che lo guida

Questo è il pregio dell'animo grande; ma anche il grande intelletto ha un suo pregio: esso precorre col pensiero il futuro, determina con buon anticipo i possibili eventi favorevoli e sfavorevoli, stabilisce i vari comportamenti nelle varie circostanze; in una parola, si comporta in modo da non dover dire un giorno: Oh, io non l'avrei mai creduto
Haec sunt opera magni animi et excelsi et prudentia consilioque fidentis; temere autem in acie versari et manu cum hoste confligere immane quiddam et beluarum simile est; sed cum tempus necessitasque postulat, decertandum manu est et mors servituti turpitudinique anteponenda

[De evertendis autem diripiendisque urbibus valde considerandum est, ne quid temere, ne quid crudeliter

Idque est viri magni rebus agitatis punire sontes, multitudinem conservare, in omni fortuna recta atque honesta retinere

Ut enim sunt, quemadmodum supra dixi, qui urbanis rebus bellicas anteponant, sic reperias multos, quibus periculosa et calida consilia quietis et cogitatis splendidiora et maiora videantur
Queste sono le opere di un animo grande ed elevato, e che confida nel suo senno e nella sua saggezza; ma cacciarsi alla cieca nella mischia e combattere a corpo a corpo col nemico, è un atto di bestiale ferocia; quando però il momento e la necessità lo richiedono, allora si combatta pure fino all'ultimo sangue e si anteponga la morte all'infamia della schiavitù

[Quando la necessità impone di distruggere o di saccheggiare una città, si osservino scrupolosamente due cose: nessun atto temerario, nessuna crudeltà

Nei rivolgimenti politici e sociali, è stretto dovere dell'uomo magnanimo punire i sobillatori, preservare il popolo; in ogni momento e in ogni evento, rispettare la giustizia e l'onestà]

Come ci sono alcuni (ne ho parlato più sopra), i quali alle opere civili antepongono le imprese militari, così si trovano molti, a cui le decisioni rischiose e precipitose appaiono più splendide e più nobili di quelle tranquille e meditate
[] Numquam omnino periculi fuga committendum est, ut inbelles timidique videamur, sed fugiendum illud etiam, ne offeramus nos periculis sine causa, quo esse nihil potest stultius

Quapropter in adeundis periculis consuetudo imitanda medicorum est, qui leviter aegrotantes leniter curant, gravioribus autem morbis periculosas curationes et ancipites adhibere coguntur

Quare in tranquillo tempestatem adversam optare dementis est, subvenire autem tempestati quavis ratione sapientis, eoque magis, si plus adipiscare re explicata boni quam addubitata mali

Periculosae autem rerum actiones partim iis sunt, qui eas suscipiunt, partim rei publicae

[] Itemque alii de vita, alii de gloria et benivolentia civium in discrimen vocantur
E' ben vero che noi, col fuggire il pericolo, non dobbiamo mai correre il rischio di passar da imbelli e da codardi; ma è anche vero che dobbiamo rifuggire dal buttarci allo sbaraglio senza ragione, che è la cosa più dissennata del mondo

Perciò, nell'affrontare i pericoli, dobbiamo seguire il metodo dei medici, che, ai malati leggeri, porgono blandi rimedi, riservando di necessità alle malattie più gravi le cure pericolose e incerte

Nella bonaccia pertanto, invocare la tempesta è grande follia; ma superare la tempesta in qualunque modo, è vera saggezza, tanto più se il vantaggio di una pronta decisione supera il danno di un'incerta esecuzione

D'altra parte, le pubbliche imprese sono pericolose tanto per coloro che le affrontano, quanto per lo Stato

E così, alcuni corrono il rischio di sacrificare la vita, altri di perdere la loro gloria e la benevolenza dei concittadini

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Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 01
Cicerone, De officiis: Libro 03 - Parte 01

Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 03 - Parte 01

Promptiores igitur debemus esse ad nostra pericula quam ad communia dimicareque paratius de honore et gloria quam de ceteris commodis

Inventi autem multi sunt, qui non modo pecuniam, sed etiam vitam profundere pro patria parati essent, idem gloriae iacturam ne minimam quidem facere vellent, ne re publica quidem postulante

Ut Callicratidas, qui, cum Lacedaemoniorum dux fuisset Peloponnesiaco bello multaque fecisset egregie, vertit ad extremum omnia, cum consilio non paruit eorum, qui classem ab Arginusis removendam nec cum Atheniensibus dimicandum putabant

Quibus ille respondit Lacedaemonios classe illa amissa aliam parare posse, se fugere sine suo dedecore non posse
Dobbiamo, dunque, essere più pronti a metter a repentaglio i nostri interessi che non quelli della patria; e, particolarmente, più disposti a combattere per l'onore e per la gloria che non per gli altri beni materiali

Si trovano molti però che sono disposti a sacrificare per la patria non solo il denaro, ma anche la vita, mentre poi rifiutano di fare il più piccolo sacrificio della loro gloria, anche se lo richiede la patria

Come fece, per esempio, Callieratida, il quale, essendo ammiraglio degli Spartani nella guerra del Peloponneso e avendo compiuto molte e mirabili imprese, alla fine mandò tutto in rovina, per non aver voluto seguire il consiglio di coloro i quali giudicavano opportuno ritirare la flotta dalle Arginuse e non venire a battaglia con gli Ateniesi

Egli rispose loro che Sparta, perduta quella flotta, ben poteva allestirne un'altra, mentre lui non poteva fuggire senza macchiarsi d'infamia
Atque haec quidem Lacedaemoniis plaga mediocris, illa pestifera, qua, cum Cleombrotus invidiam timens temere cum Epaminonda conflixisset, Lacedaemoniorum opes corruerunt

Quanto Q Maximus melius, de quo Ennius: unus homo nobis cunctando restituit rem

Noenum rumores ponebat ante salutem

Ergo postque magisque viri nunc gloria claret

Quod genus peccandi vitandum est etiam in rebus urbanis: sunt enim qui quod sentiunt, etsi optimum sit, tamen invidiae metu non audeant dicere

[] Omnino qui rei publicae praefuturi sunt duo Platonis praecepta teneant: unum, ut utilitatem civium sic tueantur, ut quaecumque agunt, ad eam referant obliti commodorum suorum, alterum, ut totum corpus rei publicae curent, ne, dum partem aliquam tuentur, reliquas deserant
E quello fu per gli Spartani un colpo abbastanza lieve; rovinoso fu l'altro, quando Cleombroto, temendo lo sfavore popolare, a cuor leggero venne alle mani con Epaminonda, e la potenza di Sparta crollò

Quanto migliore fu la condotta di Quinto Massimo, del quale Ennio dice: un uomo solo, temporeggiando, rialzò le nostre sorti

Egli non anteponeva le dicerie del volgo alla salvezza della patria

Onde la gloria di quel grande di giorno in giorno risplende più viva

Questa sorta d'errore, per altro, si deve evitare anche nelle questioni civili: ci sono di quelli, infatti, che, per timore della impopolarità, non osano manifestare il loro pensiero, anche se ottimo

In generale, quelli che si dispongono a governare lo Stato, tengano ben presenti questi due precetti di Platone: primo, curare l'utile dei cittadini in modo da adeguare ad esso ogni loro azione, dimentichi e incuranti dei propri interessi; secondo, provvedere a tutto l'organismo dello Stato, affinché, mentre ne curano una parte, non abbiano a trascurare le altre

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Latino: dall'autore Cicerone, opera De officiis parte Libro 01 - Parte 03

Ut enim tutela, sic procuratio rei publicae ad eorum utilitatem, qui commissi sunt, non ad eorum, quibus commissa est, gerenda est

Qui autem parti civium consulunt, partem neglegunt, rem perniciosissimam in civitatem inducunt, seditionem atque discordiam; ex quo evenit, ut alii populares, alii studiosi optimi cuiusque videantur, pauci universorum

[] Hinc apud Athenienses magnae discordiae, in nostra re publica non solum seditiones, sed etiam pestifera bella civilia; quae gravis et fortis civis et in re publica dignus principatu fugiet atque oderit tradetque se totum rei publicae neque opes aut potentiam consectabitur totamque eam sic tuebitur, ut omnibus consulat
Come la tutela di un pupillo, così il governo dello Stato deve esercitarsi a vantaggio non dei Governanti, ma dei governati

D'altra parte, quelli che provvedono a una parte dei cittadini e ne trascurano un'altra, introducono nello Stato il più funesto dei malanni: la discordia e la sedizione; onde avvviene che alcuni appaiono amici del popolo, altri fautori degli ottimati; ben pochi sono devoti al bene di tutti

Di qui nacquero in Atene grandi discordie; di qui scoppiarono nella nostra repubblica, non solo sedizioni, ma anche rovinose guerre civili; mali, questi, che un cittadino austero e forte, degno di primeggiar nello Stato, fuggirà con orrore: consacrandosi interamente allo Stato, senza cercar per sé né ricchezze né potenza, egli lo custodirà e lo proteggerà tutto quanto, in modo da provvedere al bene di tutti i cittadini
Nec vero criminibus falsis in odium aut invidiam quemquam vocabit omninoque ita iustitiae honestatique adhaerescet, ut, dum ea conservet, quamvis graviter offendat mortemque oppetat potius, quam deserat illa, quae dixi

[] Miserrima omnino est ambitio honorumque contentio, de qua praeclare apud eundem est Platonem similiter facere eos, qui inter se contenderent, uter potius rem publicam administraret, ut si nautae certarent, quis eorum potissimum gubernaret

Idemque praecipit, ut eos adversarios existimemus, qui arma contra ferant, non eos, qui suo iudicio tueri rem publicam velint, qualis fuit inter P Africanum et Q Metellum sine acerbitate dissensio
Inoltre, con false accuse, egli non susciterà né odio né disprezzo contro alcuno; anzi si atterrà così strettamente alla giustizia e all'onestà che, pur di mantenerle ferme e salde, affronterà i più gravi insuccessi e incontrerà anche la morte, piuttosto che tradire quelle norme che ho detto

Miserabile soprattutto è l'ambizione e la caccia agli onori; bellissime cose scrive a questo proposito lo stesso Platone: Coloro che si contendono il governo dello Stato somigliano a dei marinai che si contrastino il timone della nave

E ancora ci ammonisce di tener per avversari coloro che ci vengono incontro con l'arme in pugno, non già coloro che vorrebbero governar lo Stato secondo le proprie vedute; un dissenso di tale specie, senza intrinseca amarezza, ci fu, per esempio, tra Publio Africano e Quinto Metello

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Nec vero audiendi qui graviter inimicis irascendum putabunt idque magnanimi et fortis viri esse censebunt; nihil enim laudabilius, nihil magno et praeclaro viro dignius placabilitate atque clementia

In liberis vero populis et in iuris aequabilitate exercenda etiam est facilitas et altitudo animi quae dicitur, ne si irascamur aut intempestive accedentibus aut impudenter rogantibus in morositatem inutilem et odiosam incidamus et tamen ita probanda est mansuetudo atque clementia, ut adhibeatur rei publicae causa severitas, sine qua administrari civitas non potest

omnis autem et animadversio et castigatio contumelia vacare debet neque ad eius, qui punitur aliquem aut verbis castigat, sed ad rei publicae utilitatem referri
Non bisogna dare ascolto a coloro i quali credono che dobbiamo adirarci fieramente coi nostri nemici, e anzi vedono appunto nell'adirarsi il carattere distintivo dell'uomo magnanimo e forte: no, la virtù più bella, la virtù più degna di un uomo grande e nobile è la mitezza e la clemenza

Negli Stati liberi, ove regna l'eguaglianza del diritto, bisogna anche dare prova di una certa arrendevolezza, e di quella che è solita chiamarsi padronanza di sé, per non incorrere nella taccia di inutile e odiosa scontrosità, se ci accada di adirarci con ímportuni visitatori o con sfrontati sollecitatori; e tuttavia la mite e mansueta clemenza merita lode solo a patto che, per il bene superiore dello Stato, si adoperi anche la severità, senza la quale nessun governo è possibile

Ogni punizione e ogni rimprovero, però, devono essere privi di offesa, e mirare, non alla soddisfazione di colui che punisce o rimprovera, ma solo al vantaggio dello Stato
[] Cavendum est etiam ne maior poena quam culpa sit et ne isdem de causis alii plectantur, alii ne appellentur quidem

prohibenda autem maxime est ira puniendo; numquam enim iratus qui accedet ad poenam mediocritatem illam tenebit, quae est inter nimium et parum, quae placet Peripateticis et recte placet, modo ne laudarent iracundiam et dicerent utiliter a natura datam

Illa vero omnibus in rebus repudianda est optandumque, ut ii, qui praesunt rei publicae, legum similes sint, quae ad puniendum non iracundia, sed aequitate ducuntur

[] Atque etiam in rebus prosperis et ad voluntatem nostram fluentibus superbiam magnopere, fastidium arrogantiamque fugiamus
Bisogna anche badare che la pena non sia maggiore della colpa, e non avvenga che, per le medesime ragioni, alcuni siano duramente colpiti, altri neppure richiamati al dovere

Soprattutto è da evitare la collera nell'atto stesso del punire: chi si accinge al castigo in preda alla collera, non terrà mai quella giusta via di mezzo, che corre fra il troppo e il poco, via che piace tanto ai Peripatetici, e piace a ragione, solo che poi non dovrebbero lodare l'ira, dicendo che essa è un utile dono della natura

No, l'ira è da tenere lontana in tutte le cose, e bisogna far voti che i reggitori dello Stato assomiglino alle leggi, le quali sono spinte a punire non per impeto d'ira, ma per dovere di giustizia

Ancora un avvertimento: nella prospera fortuna, quando tutto va secondo i nostri desideri, evitiamo quanto più è possibile l'orgoglio, fuggiamo il disprezzo e l'arroganza

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nam ut adversas res, sic secundas inmoderate ferre levitatis est praeclaraque est aequabilitas in omni vita et idem semper vultus eademque frons, ut de Socrate itemque de C Laelio accepimus

Philippum quidem Macedonum regem rebus gestis et gloria superatum a filio, facilitate et humanitate video superiorem fuisse

Itaque alter semper magnus, alter saepe turpissimus, ut recte praecipere videantur, qui monent, ut, quanto superiores simus, tanto nos geramus summissius
E' indizio di gran leggerezza il sopportare senza regola e senza misura cosi la prospera come l'avversa fortuna; mentre è cosa bellissima il mostrarsi eguali a se stessi in ogni momento della vita, e il mantenere sempre lo stesso volto e la stessa fronte, come si racconta di Socrate e di Gaio Lelio

Io leggo nella storia che Filippo, re dei Macedoni, fu bensi superato da suo figlio nella gloria delle imprese militari, ma lo superò di gran lunga nell'affabilità e nella dignità umana

E così, mentre il padre fu grande sempre, il figlio fu spesso brutale; cosí che hanno evidentemente ragione coloro i quali ci consigliano di comportarci tanto più umilmente quanto più siamo posti in alto

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