Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 02, pag 3

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 05-06 Parte 02
Etiam nunc si aliam desideras distinctionem, idos in opere est, idea extra opus, nec tantum extra opus est, sed ante opus

Quintum genus est eorum quae communiter sunt; haec incipiunt ad nos pertinere; hic sunt omnia, homines, pecora, res

Sextum genus est eorum quae quasi sunt, tamquam inane, tamquam tempus

Quaecumque videmus aut tangimus Plato in illis non numerat quae esse proprie putat; fluunt enim et in assidua deminutione atque adiectione sunt

Nemo nostrum idem est in senectute qui fuit iuvenis; nemo nostrum est idem mane qui fuit pridie

Corpora nostra rapiuntur fluminum more

Quidquid vides currit cum tempore; nihil ex iis quae videmus manet; ego ipse, dum loquor mutari ista, mutatus sum

Hoc est quod ait Heraclitus: 'in idem flumen bis descendimus et non descendimus'

Manet enim idem fluminis nomen, aqua transmissa est
Ancora, se vuoi un'altra distinzione: l'idos è nell'opera, l'idea è fuori dell'opera, e non solo fuori, ma precedente a essa

Al quinto gruppo appartengono gli esseri che esistono comunemente: questi cominciano a riguardarci; qui c'è tutto: uomini, bestie, cose

Il sesto gruppo comprende le cose che quasi esistono, come lo spazio, il tempo

Tutto ciò che vediamo o tocchiamo Platone non lo annovera tra gli esseri che ritiene abbiano un'esistenza propria; poiché essi scorrono e di continuo diminuiscono o crescono

Nessuno di noi è in vecchiaia lo stesso che in gioventù; nessuno di noi è al mattino lo stesso della sera prima

I nostri corpi sono trascinati via come l'acqua dei fiumi

Tutto ciò che vedi vola al ritmo del tempo: niente di quello che abbiamo sotto gli occhi rimane tale e quale; io stesso mentre dico che queste cose cambiano, sono cambiato

Dice Eraclito: Non ci si può immergere due volte nello stesso fiume

Il nome del fiume rimane lo stesso, ma l'acqua è passata oltre
Hoc in amne manifestius est quam in homine; sed nos quoque non minus velox cursus praetervehit, et ideo admiror dementiam nostram, quod tantopere amamus rem fugacissimam, corpus, timemusque ne quando moriamur, cum omne momentum mors prioris habitus sit: vis tu non timere ne semel fiat quod cotidie fit

De homine dixi, fluvida materia et caduca et omnibus obnoxia causis: mundus quoque, aeterna res et invicta, mutatur nec idem manet

Quamvis enim omnia in sc habeat quae habuit, aliter habet quam habuit: ordinem mutat

'Quid ista' inquis 'mihi subtilitas proderit

' Si me interrogas, nihil; sed quemadmodum ille caelator oculos diu intentos ac fatigatos remittit atque avocat et, ut dici solet, pascit, sic nos animum aliquando debemus relaxare et quibusdam oblectamentis reficere
un fenomeno più evidente in un corso d'acqua che nell'uomo; ma il flusso che trascina via anche noi è altrettanto veloce; perciò mi stupisco della nostra insensatezza: amiamo tanto una cosa fugacissima, il nostro corpo, e temiamo il momento della morte, mentre ogni momento è la morte dello stato precedente: non devi temere che avvenga una volta ciò che avviene ogni giorno

Ho parlato dell'uomo, materia fragile e caduca, esposta a ogni influenza: anche l'universo, eterno e indistruttibile, muta e non rimane uguale a se stesso

Sebbene abbia in sé tutti i fattori originari, li ha diversi dallo stadio primitivo: cambia l'ordine

A che mi servono, dirai, queste sottigliezze

Vuoi il mio parere, A niente Ma come l'incisore distoglie e volge altrove gli occhi stanchi per la lunga concentrazione e, come si suol dire, li ristora, così anche noi dobbiamo ogni tanto concedere riposo alla nostra anima e ricrearla con qualche svago
Sed ipsa oblectamenta opera sint; ex his quoque, si observaveris, sumes quod possit fieri salutare

Hoc ego, Lucili, facere soleo: ex omni notione, etiam si a philosophia longissime aversa est, eruere aliquid conor et utile efficere

Quid istis quae modo tractavimus remotius a reformatione morum

quomodo meliorem me facere ideae Platonicae possunt

quid ex istis traham quod cupiditates meas comprimat

Vel hoc ipsum, quod omnia ista quae sensibus serviunt, quae nos accendunt et irritant, negat Plato ex iis esse quae vere sint

Ergo ista imaginaria sunt et ad tempus aliquam faciem ferunt, nihil horum stabile nec solidum est; et nos tamen cupimus tamquam aut semper futura aut semper habituri

Imbecilli fluvidique inter vana constitimus: ad illa mittamus animum quae aeterna sunt
Ma anche le distrazioni devono essere attività; se farai attenzione, potrai ricavarne salutari insegnamenti

Io di solito mi comporto così, caro Lucilio: da qualsiasi nozione, anche se non ha niente a che fare con la filosofia, cerco di enucleare e di procurarmi qualche concetto utile

Gli argomenti or ora trattati non hanno il minimo rapporto con la questione morale

Come possono migliorarmi le idee platoniche

Che insegnamento posso trarne per dominare le mie passioni

Questo, per esempio: Platone nega un'esistenza vera e propria a tutte le cose soggette ai sensi, che ci infiammano e ci stimolano

Sono quindi, immaginarie, hanno una forma esteriore, limitata nel tempo, ma non sono né stabili, né concrete; eppure noi le desideriamo come se fossero eterne o potessimo possederle per sempre

Deboli e fragili ci soffermiamo tra cose prive di sostanza: rivolgiamo, invece, l'anima a ciò che è eterno

Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 03-04 Parte 01

Miremur in sublimi volitantes rerum omnium formas deumque inter illa versantem et hoc providentem, quemadmodum quae immortalia facere non potuit, quia materia prohibebat, defendat a morte ac ratione vitium corporis vincat

Manent enim cuncta, non quia aeterna sunt, sed quia defenduntur cura regentis: immortalia tutore non egerent

Haec conservat artifex fragilitatem materiae vi sua vincens

Contemnamus omnia quae adeo pretiosa non sunt ut an sint omnino dubium sit

Illud simul cogitemus, si mundum ipsum, non minus mortalem quam nos sumus, providentia periculis eximit, posse aliquatenus nostra quoque providentia longiorem prorogari huic corpusculo moram, si voluptates, quibus pars maior perit, potuerimus regere et coercere

Plato ipse ad senectutem se diligentia protulit
Contempliamo stupiti le forme di tutte le cose volare altissime e dio che sta in mezzo a esse: egli provvede a difendere dalla morte quegli esseri che non ha potuto creare immortali per l'ostacolo della materia, e a vincere con la ragione la limitatezza del corpo

L'universo permane in vita non perché sia eterno, ma perché è difeso da chi lo governa: se fosse immortale, non avrebbe bisogno di un tutore

Il sommo artefice lo mantiene in vita, vincendo con la sua potenza la caducità della materia

Disprezziamo, dunque, tutte le cose che sono prive di valore al punto da essere in dubbio perfino la loro stessa esistenza

Nel medesimo tempo pensiamo che se la provvidenza sottrae ai pericoli l'universo, mortale quanto noi, in certa misura anche noi, con la nostra previdenza, possiamo protrarre la vita di questo misero corpo, se saremo in grado di governare e frenare i piaceri, causa di morte per la maggior parte degli uomini

Platone stesso arrivò alla vecchiaia per la sua cautela
Erat quidem corpus validum ac forte sortitus et illi nomen latitudo pectoris fecerat, sed navigationes ac pericula multum detraxerant viribus; parsimonia tamen et eorum quae aviditatem evocant modus et diligens sui tutela perduxit illum ad senectutem multis prohibentibus causis

Nam hoc scis, puto, Platoni diligentiae suae beneficio contigisse quod natali suo decessit et annum unum atque octogensimum implevit sine ulla deductione

Ideo magi, qui forte Athenis erant, immolaverunt defuncto, amplioris fuisse sortis quam humanae rati, quia consummasset perfectissimum numerum, quem novem novies multiplicata componunt

Non dubito quin paratus sis et paucos dies ex ista summa et sacrificium remittere
Certo aveva un fisico forte e robusto e dall'ampiezza del torace gli era derivato il soprannome, ma i viaggi per mare e i pericoli lo avevano prostrato molto; tuttavia la frugalità, la misura in quei piaceri che suscitano la bramosia degli uomini e un'attenta cura di se stesso lo fecero arrivare alla vecchiaia nonostante i numerosi ostacoli

Tu sai, penso, che grazie alla sua prudenza Platone morì esattamente il giorno del suo ottantunesimo compleanno

Perciò dei magi, che per caso si trovavano ad Atene, celebrarono un sacrificio in onore del defunto: secondo loro gli era toccato un destino superiore a quello umano, perché i suoi anni assommavano a un numero perfettissimo: il risultato di nove per nove

Sono certo che saresti pronto a rinunciare sia a pochi giorni di questa somma, sia al sacrificio

Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 03

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 03-04 Parte 03

Potest frugalitas producere senectutem, quam ut non puto concupiscendam, ita ne recusandam quidem; iucundum est secum esse quam diutissime, cum quis se dignum quo frueretur effecit

Itaque de isto feremus sententiam, an oporteat fastidire senectutis extrema et finem non opperiri sed manu facere

Prope est a timente qui fatum segnis exspectat, sicut ille ultra modum deditus vino est qui amphoram exsiccat et faecem quoque exsorbet

De hoc tamen quaeremus, pars summa vitae utrum faex sit an liquidissimum ac purissimum quiddam, si modo mens sine iniuria est et integri sensus animum iuvant nec defectum et praemortuum corpus est; plurimum enim refert, vitam aliquis extendat an mortem

At si inutile ministeriis corpus est, quidni oporteat educere animum laborantem
La sobrietà può prolungare la vecchiaia: io non ritengo che la si debba desiderare intensamente, ma neppure rifiutare; è piacevole stare con se stessi il più a lungo possibile, quando ci si è resi degni di goderne

bene, allora, disdegnare la vecchiaia avanzata e non aspettare la morte, ma darsela con le proprie mani, Ecco il mio parere

Se uno attende inerte il proprio destino, non è dissimile da chi lo teme, come è un ubriacone chi vuota la bottiglia e beve anche la feccia

Dovremo, però chiederci se l'ultima parte della vita è feccia o piuttosto bevanda limpidissima e purissima, sempre che la mente sia sana e i sensi integri aiutino l'anima, e il corpo non sia in declino e morto prima del tempo; importa molto, se prolunghiamo la vita o la morte

Ma se il corpo non assolve più le sue funzioni, non è meglio liberare l'anima dalle sue sofferenze
et fortasse paulo ante quam debet faciendum est, ne cum fieri debebit facere non possis; et cum maius periculum sit male vivendi quam cito moriendi, stultus est qui non exigua temporis mercede magnae rei aleam redimit

Paucos longissima senectus ad mortem sine iniuria pertulit, multis iners vita sine usu sui iacuit: quanto deinde crudelius iudicas aliquid ex vita perdidisse quam ius finiendae

Noli me invitus audire, tamquam ad te iam pertineat ista sententia, et quid dicam aestima: non relinquam senectutem, si me totum mihi reservabit, totum autem ab illa parte meliore; at si coeperit concutere mentem, si partes eius convellere, si mihi non vitam reliquerit sed animam, prosiliam ex aedificio putri ac ruenti

Morbum morte non fugiam, dumtaxat sanabilem nec officientem animo
E forse bisogna agire un po' prima del dovuto perché, arrivato il momento, non ci si trovi nell'impossibilità di farlo; il pericolo di vivere male è maggiore del pericolo di morire presto; quindi, se uno non scongiura il rischio di una grande disgrazia per guadagnare un po' di tempo, è pazzo

Pochi uomini sono morti vecchissimi senza subire danno; molti hanno condotto un'esistenza passiva e inutile: aver perduto una parte della vita ti sembra tanto più crudele che perdere il diritto di mettervi fine

Non ascoltarmi contro voglia, come se il mio parere ormai ti riguardasse direttamente e pondera bene quello che ti dico: non abbandonerò la vecchiaia, se mi conserverà integro, ma integro nella parte migliore di me; se, però comincerà a turbare e a sconvolgermi la mente, se non mi lascerà la vita, ma solo il soffio vitale, mi precipiterò fuori dall'edificio marcio e in rovina

Non fuggirò la malattia con la morte, purché non sia una malattia inguaribile e non danneggi l'anima

Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 02

Non afferam mihi manus propter dolorem: sic mori vinci est

Hunc tamen si sciero perpetuo mihi esse patiendum, exibo, non propter ipsum, sed quia impedimento mihi futurus est ad omne propter quod vivitur; imbecillus est et ignavus qui propter dolorem moritur, stultus qui doloris causa vivit

Sed in longum exeo; est praeterea materia quae ducere diem possit: et quomodo finem imponere vitae poterit qui epistulae non potest

Vale ergo: quod libentius quam mortes meras lecturus es

Vale

Magnam ex epistula tua percepi voluptatem; permitte enim mihi uti verbis publicis nec illa ad significationem Stoicam revoca

Vitium esse voluptatem credimus

Sit sane; ponere tamen illam solemus ad demonstrandam animi hilarem affectionem
Non mi darò la morte per paura del dolore: morire così significa darsi per vinto

Tuttavia, se saprò di dover soffrire per tutta la vita, me ne andrò non per il dolore in se stesso, ma perché mi sarebbe di ostacolo a tutte quelle attività che sono lo scopo dell'esistenza; è debole e vile chi si dà la morte per paura del dolore, è insensato chi vive per soffrire

Ma la sto tirando troppo alla lunga; ho ancora argomenti che potrebbero occupare un giorno intero: e come potrà mettere fine alla sua vita un uomo incapace di finire una lettera

Perciò addio: leggerai più volentieri questo commiato, che tutti i miei ragionamenti sulla morte

Stammi bene

La tua lettera mi ha fatto molto piacere; permettimi di usare le parole nel significato comune e non rifarti a quello degli Stoici

Per noi il piacere è un vizio

Sia pure; tuttavia di solito usiamo questo termine per indicare uno stato d'animo gioioso
Scio, inquam, et voluptatem, si ad nostrum album verba derigimus, rem infamem esse et gaudium nisi sapienti non contingere; est enim animi elatio suis bonis verisque fidentis

Vulgo tamen sic loquimur ut dicamus magnum gaudium nos ex illius consulatu aut nuptiis aut ex partu uxoris percepisse, quae adeo non sunt gaudia ut saepe initia futurae tristitiae sint; gaudio autem iunctum est non desinere nec in contrarium verti

Itaque cum dicit Vergilius noster et mala mentis gaudia, diserte quidem dicit, sed parum proprie; nullum enim malum gaudium est

Voluptatibus hoc nomen imposuit et quod voluit expressit; significavit enim homines malo suo laetos
Sì, lo so che il piacere, se ci rifacciamo al vocabolario stoico, è una cosa infame e che la gioia può toccare solo al saggio; infatti è l'elevazione dell'anima fiduciosa in quello che ha in sé di buono e di vero

Abitualmente, tuttavia, diciamo di aver provato una grande gioia per l'elezione a console di un amico, o per le sue nozze, o perché la moglie ha partorito, tutti avvenimenti che non sono gioia, ma spesso inizio di sofferenze future; e, invece, è una caratteristica della gioia non finire e non mutarsi in dolore

Perciò quando il nostro Virgilio scrive le malvagie gioie dello spirito, si esprime con eleganza, ma con poca proprietà: non esiste gioia malvagia

Egli ha dato questo nome ai piaceri e ha espresso con chiarezza il suo pensiero; indica gli uomini contenti del proprio male

Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 03

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 05-06 Parte 03

Tamen ego non immerito dixeram cepisse me magnam ex epistula tua voluptatem; quamvis enim ex honesta causa imperitus homo gaudeat, tamen affectum eius impotentem et in diversum statim inclinaturum voluptatem voco, opinione falsi boni motam, immoderatam et immodicam

Sed ut ad propositum revertar, audi quid me in epistula tua delectaverit: habes verba in potestate, non effert te oratio nec longius quam destinasti trahit

Multi sunt qui ad id quod non proposuerant scribere alicuius verbi placentis decore vocentur, quod tibi non evenit: pressa sunt omnia et rei aptata; loqueris quantum vis et plus significas quam loqueris

Hoc maioris rei indicium est: apparet animum quoque nihil habere supervacui, nihil tumidi
Tuttavia non ho sbagliato a dire che la tua lettera mi ha fatto molto piacere; infatti, anche se è onesto il motivo per cui un uomo ignorante gioisce, quel sentimento che egli non sa dominare e che inclina sùbito al suo opposto, lo chiamo piacere: nasce dall'opinione di un falso bene e non ha moderazione, né misura

Ma per tornare al tema del discorso, senti che cosa mi ha fatto piacere nella tua lettera: domini le parole, e non ti lasci trasportare dalla foga del discorso oltre i termini stabiliti

Il fascino di qualche bel vocabolo induce molti autori a scrivere anche cose che non si erano proposti; questo a te non succede: tutto è stringato e attinente all'argomento; esponi le tue idee e lasci intendere più di quanto dici

Questo è indice di un fatto più importante: è chiaro che anche nel tuo animo non c'è niente di superfluo, di eccessivo

Maybe you might be interested

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 05-06 Parte 01

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 05-06 Parte 01

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 09-10 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 09-10 Parte 02

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 17-18 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 17-18 Parte 02

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 17-18 (parte 01)

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 17-18 (parte 01)

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 14-15 Parte 04

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 14-15 Parte 04

Seneca, Lettere a Lucilio: Libri 03-04 Parte 02

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libri 03-04 Parte 02