Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 01 - 22, pag 4

Livio, Ab urbe condita: Libro 45; 01 - 22

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 45; 01 - 22
Profectus in Galliam circa Macros campos ad montis Siciminam et Papinum stativa habuit; deinde circa eadem loca cum sociis nominis Latini hibernabat; legiones Romanae, quod vitio dies exercitui ad conveniendum dicta erat, Romae manserant

Et praetores praeter C Papirium Carbonem, cui Sardinia evenerat, in provincias iere

Eum ius dicere Romaenam eam quoque sortem habebatinter cives et peregrinos patres censuerant

[13] Et Popilius et ea legatio, quae missa ad Antiochum erat, Romam redit; rettulit controversias inter reges sublatas esse exercitumque ex Aegypto in Syriam reductum
Par tito per la Gallia, pose stabili accampamenti nella regione dei Campi Magri, ai piedi dei monti Sicimina e Papino; e poi negli stessi luoghi svernava con i socii di nome latino; quanto alle legioni romane, esse erano rimaste a Roma, essendo stato fissato il giorno della radunata senza tener conto del rito degli auspici

Anche i pre tori si recarono nelle province, ad eccezione di C Papirio Carbone, cui era toccata la Sardegna

I padri avevano deciso che amministrasse la giustizia a Roma - aveva in fatti anche questo ufficio - fra i cittadini e gli stranieri

[13] E Popilio con l'ambasceria inviata ad Antioco, fece ritorno a Roma; riferì che erano state eliminate le controversie sorte fra i re e che l'esercito era stato ritirato dall'Egitto in Siria
Post ipsorum regum legati venerunt: Antiochi legati referentes omni victoria potiorem pacem regi, senatui quae placuisset, visam, eumque haud secus quam deorum imperio legatorum Romanorum iussis parvisse; gratulati dein de victoria sunt, quam ope s, si quid imperatum foret, adiuturum regem fuisse

Ptolemaei legati communi nomine regis et Cleopatrae gratias egerunt: plus eos senatui populoque Romano quam parentibus suis, plus quam diis immortalibus debere, per quos obsidione miserrima liberati essent, regnum patrium prope amissum
Poi giunsero i legati da parte degli stessi re: quelli di Antioco a dire che al loro sovrano era parsa preferibile alla vittoria la pace caldeggiata dal senato e che aveva ubbidito all'invito dei legati romani come se si fosse trattato di un ordine imposto dagli dèi; poi si compiacquero della vittoria, alla quale il re avrebbe con tribuito con ogni aiuto, se ne avesse avuto richiesta

I legati di Ptolemeo presentarono i ringraziamenti a nome tanto del re quanto di Cleopatra: erano più debi tori al senato e al popolo romano che non ai propri genitori e agli dèi immortali, essendo stati per loro merito liberati da un assedio quanto mai penoso e grazie a loro il regno avito, che poco mancava fosse perduto
Responsum> ab senatu est Antiochum recte atque ordine fecisse, quod legatis parvisset, gratumque id esse senatui populoque Romano: regibus Aegypti Ptolemaeo Cleopatraeque, si quid per se boni commodique evenisset, id magno opere senatum laetari, daturumque operam, ut regni sui maximum semper praesidium positum esse in fide populi Romani ducant

Munera legatis ut ex instituto mittenda curaret, C Papirio praetori mandatum

Litterae deinde Macedonia allatae, quae victoriae laetitiam geminarent: Persea regem in potestatem consulis venisse

Dimissis legatis disceptatum inter Pisanos Lunensesque legatos est, Pisanis querentibus agro se a colonis Romanis pelli, Lunensibus adfirmantibus eum, de quo agatur, ab triumviris agrum sibi adsignatum esse
Dal senato fu che Antioco si era comportato regolarmente e correttamente con l'aver ubbidito ai legati e gliene erano riconoscenti il senato e il popolo romano: ai re d'Egitto Ptolemeo e Cleopatra il senato espresse la propria grande soddisfazione se dal suo intervento avevano ricavato un po' di vantaggio e di utilità, promettendo che avrebbe fatto di tutto perché considerassero sempre suprema garanzia del loro regno la protezione del popolo Romano

Fu dato incarico al pretore C Papirio di provvedere all'invio di doni ai legati, secondo la tradizione

Poi fu recapitata una lettera Macedonia, che raddopp;ò la gioia della vittoria: il re Perseo si era arreso al console

Conge dati i legati , fu discussa la controversia fra gli inviati dei Pisani e degli abitanti di Luna, i primi facendo rimostranze per esser cacciati dal loro territorio ad opera dei coloni romani, i secondi sostenendo che il territorio in discussione era stato loro assegnato dai triumviri

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Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 13 - 24
Livio, Ab urbe condita: Libro 03; 13 - 24

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 03; 13 - 24

Senatus, qui de finibus cognoscerent statuerentque, quinque viros misit Q Fabium Buteonem, P Cornelium Blasionem, T Sempronium Muscam, L Naevium Balbum, C Apuleium Saturninum

Et ab Eumene et ab Attalo et ab Athenaeo fratribus communis legatio de victoria gratulatum venit

Et Masgabae, regis Masinissae filio, Puteolis nave egresso praesto fuit obviam missus cum pecunia L Manlius quaestor, qui Romam eum publico sumptu perduceret

Advenienti extemplo senatus datus est

Ibi adulescens ita locutus est, ut, quae rebus grata erant, gratiora verbis faceret
Il senato inviò una commissione di cinque, Q Fabio Buteone, P Cornelio Blasione, T Sempronio Mosca, L Nevio Balbo, C Apuleio Saturnino, col compito di fare l'accertamento dei confini e di deliberare in merito

E da Eumene, come da Attalo e da Ateneo, fu inviata una legazione a nome dei tre fratelli, per congratularsi della vittoria

E per Masgaba, figlio del re Massinissa, sbarcato a Pozzuoli fu messo a disposizione il questore L Manlio, mandatogli in contro con una somma di danaro, per accompagnarlo sino a Roma a spese dello stato

All'arrivo subito gli fu data udienza in senato

Qui il giovinetto parlò in modo da render più gradito con le parole ciò che già era gradito di per sé stesso nei fatti
Commemoravit, quot pedites equitesque, quot elephantos, quantum frumenti eo quadriennio pater suus in Macedoniam misisset: duas res ei rubori fuisse, unam, quod rogasset eum per legatos senatus, quae ad bellum opus essent, et non inperasset, alteram, quod pecuniam ei pro frumento misisset

Masinissam meminisse regnum a populo Romano partum auctumque et multiplicatum habere; usu regni contentum scire dominium et ius eorum, qui dederint, esse

Sumere itaque eos de se, non rogare aequom esse, neque emere ea ex fructibus agri ab se dati, * * * quae ibi proveniant

Id Masinissae satis esse et fore, quod populo Romano superesset
Ricordò il contingente di fanti, cavalieri, elefanti, la quantità di frumento spedito in Macedonia da suo padre Massinissa negli ultimi quattro anni: questi aveva soltanto due motivi di rincrescimento, che il senato gli avesse richiesto per mezzo di legati gli aiuti necessari alla guerra e non glieli avesse imposti e che in compenso del frumento gli avesse inviato denaro

Massinissa non era dimentico di disporre di un regno acquistato, accre sciuto, ampliato dal popolo Romano; pago dell'usufrutto del regno, sapeva bene che in legittima proprietà appar teneva a chi glielo aveva concesso

Era giusto dun que che fossero essi a prender da loro, non a chiedere e tanto meno a comprare quei prodotti che costituivano i proventi del territorio dato al re dai Romani

Per Massinis sa bastava ora e sempre ciò che fosse sopravanzato al po polo Romano

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 30; 04 - 07

Cum iis mandatis a patre profectum postea consecutos equites, qui devictam Macedoniam nuntiarent gratularique senatui iuberent et indicare tantae eam rem laetitiae patri suo esse, ut Romam venire velit Iovique optimo maximo in Capitolio sacrificare et grates agere; id, nisi molestum sit, ut ei permittatur, ab senatu petere

[14] Responsum regulo est facere patrem eius Masinissam, quod virum gratum bonumque facere deceat, ut pretium honoremque debito beneficio addat

Et populum Romanum ab eo bello Punico forti fidelique opera adiutum, et illum favente populo Romano regnum adeptum; aequatis iis postea trium regum bellis deinceps omnibus eum functum officiis
Mandato da suo padre per farsi inter prete di tali sentimenti, era stato raggiunto da cavalieri con la notizia della completa vittoria sulla Macedonia c con l'ordine di presentarne le congratulazioni al senato e di esprimergli come tale notizia fosse motivo di così grande gioia per suo padre, che egli voleva venire di persona a Roma, fare un sacrificio a Giove ottimo massimo nel Campidoglio e render pubbliche grazie; chiedeva al senato questa autorizzazione, se non riusciva sgradita

[14] Fu risposto al principe che suo padre Massinissa si comportava da vero gentiluomo riconoscente, così da aggiun gere pregio ed onore ad un beneficio che si era meritato

Tanto il popolo romano aveva ricevuto aiuti da lui du rante la guerra contro i Cartaginesi, con azione strenua e fedele, quanto il re col favore del popolo Romano aveva ottenuto il regno; compensatisi dunque reciprocamente questi benefici iniziali, poi nelle successive guerre contro i tre re, aveva soddisfatto a tutti i suoi doveri
Victoria vero populi Romani laetari eum regem mirum non esse, qui sortem omnem fortunae regnique sui cum rebus Romanis miscuisset

Grates deis pro victoria apud suos penates ageret; Romae filium pro eo acturum

Gratulatum quoque satis suo ac patris nomine esse

Ipsum relinquere regnum et Africa excedere, praeterquam quod illi inutile esset, non esse e re publica populi Romani senatum censere

Petenti Masgabae, ut Hanno, Hamilcaris filius, obses in locum * exigere
Che il re provasse gioia per la vittoria del popolo Romano non c'era niente di strano, dato che aveva legato interamente la sua fortuna e quella del suo regno agli eventi di Roma

Ma rendesse grazie agli dèi per la vittoria presso i suoi pe nati; a Roma, in suo nome, le avrebbe rese suo figlio

Eran più che sufficienti le congratulazioni espresse da lui a titolo personale e a nome del padre

Che questi abbandonasse il regno e si allontanasse dall'Africa, oltre che inutile, il senato riteneva non conforme all'interesse dello stato romano

Al la richiesta di Masgaba che in cambio di *

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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 41 - 43

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 41 - 43

Munera ex senatus consulto emere regulo quaestor iussus ex centum pondo argenti et prosequi eum Puteolos omnemque sumptum, quoad in Italia esset, praebere et duas naves conducere, quibus ipse comitesque eius in Africam deveherentur; et comitibus omnibus, liberis servisque, vestimenta data

Hhaud ita multo post de altero Masinissae filio Misagene litterae adlatae sunt, missum eum ab L Paulo post devictum Persea in Africam cum equitibus suis; navigantem dispersa classe in Hadriatico mari Brundisium tribus navibus aegrum delatum

eum cum isdem muneribus, quae data Romae fratri eius erant, L Stertinius quaestor Brundisium missus que curare, ut aedes hospi * * * * *
In base a un senato consulto il questore fu invitato a comprare per il principe doni per il valore di cento libbre d'argento e ad accompagnar lo a Pozzuoli e ad offrirgli gratuitamente il soggiorno in Italia e a noleggiare due navi, per il ritorno in Africa di lui e del suo seguito; anche a questo, costituito di liberi e schiavi, furono regalati indumenti e vesti

Non molto tempo dopo giunse una lettera che dava notizia dell'altro figlio di Massinissa, Misagene, congedato con le sue truppe a cavallo da L Paolo dopo la vittoria su Perseo, mentre navi gava alla volta dell'Africa, la flotta fu dispersa in Adriatico ed egli, malato, insieme con tre navi fu spinto a Brindisi

lui, con gli stessi doni fatti a1 fratello a Roma, fu inviato a Brindisi il questore L Stertinio,
[15] In quattuor urbanas tribus discripti erant libertini praeter eos, quibus filius quinquenni maior ex se natus esset,eos, ubi proxumo lustro censi essent, censeri iusseruntet eos, qui praedium praediave rustica pluris sestertium triginta milium haberent, * * * censendi ius factum est

Hoc cum ita servatum esset, negabat Claudius suffragii lationem iniussu populi censorem cuiquam homini, nedum ordini universo adimere posse

Neque enim, si tribu movere possit, quod sit nihil aliud quam mutare iubere tribum, ideo omnibus quinque et triginta tribubus emovere posse, id esse civitatem libertatemque eripere, non, ubi censeatur, finire, sed censu excludere
[15] In quattro tribù urbane erano stati distribuiti i libertini, tranne quelli che avessero un figlio naturale maggiore di cinque anni - questi ebbero l'ordine di farsi censire dove erano stati censiti nel precedente censi mento - e tranne chi possedesse un fondo o proprietà rustiche per un valore superiore a trentamila sesterzi, *** fu concesso il diritto di farsi censire

Essendo stato questo il criterio sempre seguito, Claudio sostene va che un censore non poteva privare alcuna persona del diritto di voto, senza il consenso del popolo, e tanto meno l'intera classe dei libertini

Né infatti, se il cen sore poteva allontanare da una tribù, la stessa cosa che ordinare di cambiare tribù, per questo poteva allontanare da tutte e trantacinque le tribù, il che equivaleva a sop primere i diritti del cittadino e dell'uomo libero, non già a stabilire dove uno dovesse farsi censire, bensì ad esclu derlo dal censimento

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Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 21; 51-63

Haec inter ipsos disceptata; postremo eo descensum est, ut ex quattuor urbanis tribubus unam palam in atrio Libertatis sortirentur, in quam omnes, qui servitutem servissent, conicerent

Esquilinae sors exiit: in ea Ti Gracchus pronuntiavit libertinos omnis censeri placere

Magno ea res honori censoribus apud senatum fuit

Gratiae actae et Sempronio, qui in bene coepto perseverasset, et Claudio, qui non inpedisset

Plures quam ab superioribus et senatu moti sunt et equos vendere iussi

Omnes iidem ab utroque et tribu moti et aerarii facti; neque ullius, quem alter notarat, altero levata ignominia
Questo problema fu discusso fra loro; alla fine si venne al compromesso che delle quattro tribù urbane, una ne fosse sorteggiata pubblicamente nel l'atrio del tempio della Libertà, per esservi relegati in massa tutti quelli che una volta fossero stati di condizione servile

La tribù Esquilina fu designata dalla sorte: ed in essa Ti Gracco dichiarò che si era deciso di censire tutti i libertini

Codesto risultato fece grande onore ai censori, a giu dizio del senato

Furono ringraziati tanto Sempronio per aver insistito nella sua giusta iniziativa, quanto Claudio, che non l'aveva boicottata

In maggior numero che dai precedenti censori furono radiati i senatori ed espulsi i cavalieri dalle rispettive classi

Tutte le stesse persone, furono colpite dal provvedimento di entrambi i censori e cancellati dalle tribù e ridotti all'ultima classe; e di nes suno, a cui l'uno aveva inflitto la sua nota di biasimo, il diso nore fu cancellato

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