(11) Postero die transgressus Anienem Hannibal in aciem omnes copias eduxit; nec Flaccus consulesque certamen detractauere instructis utrimque exercitibus in eius pugnae casum in qua urbs Roma uictori praemium esset, imber ingens grandine mixtus ita utramque aciem turbauit ut uix armis retentis in castra sese receperint, nullius rei minore quam hostium metu et postero die eodem loco acies instructas eadem tempestas diremit; ubi recepissent se in castra, mira serenitas cum tranquillitate oriebatur in religionem ea res apud Poenos uersa est, auditaque uox Hannibalis fertur potiundae sibi urbis Romae modo mentem non dari, modo fortunam |
11 Il giorno dopo Annibale, passato l'Aniene, pose in ordine di battaglia tutte le sue forze; Flacco e i consoli non si ritrassero dal combattimento Da una parte e dall'altra eserciti erano schierati pronti a quello scontro, nel quale la città di Roma sarebbe stata premio al vincitore, quando una fortissima pioggia, mista a grandine, sconvolse talmente le schiere dell'una e dell'altra parte, che, conservando a stento le armi , i soldati si ritirarono negli accampamenti presi da una gran paura di tutto, nonminore di quella che i nemici incutevano Il giorno dopo, un eguale temporale disperse nello stesso luogo le truppe disposte a battaglia; non appena i soldati si ritiravano negli alloggiamenti, il cielo ritornava tranquillo e mirabilmente sereno Quel fatto fu dai Cartaginesi attribuito ad un prodigio e si racconta che fu udito Annibale affermare che gli dei una volta gli avevano negato la volontà di impadronirsi di Roma, un'altra volta, invece, non gli avevano concesso l'occasione fortunata |
minuere etiam spem eius duae aliae, parua magnaque, res, magna illa quod cum ipse ad moenia urbis Romae armatus sederet milites sub uexillis in supplementum Hispaniae profectos audiit, parua autem quod per eos dies eum forte agrum in quo ipse castra haberet uenisse nihil ob id deminuto pretio cognitum ex quodam captiuo est id uero adeo superbum atque indignum uisum eius soli quod ipse bello captum possideret haberetque inuentum Romae emptorem ut extemplo uocato praecone tabernas argentarias quae circa forum Romanum essent iusserit uenire his motus ad Tutiam fluuium castra rettulit sex milia passuum ab urbe inde ad lucum Feroniae pergit ire, templum ea tempestate inclutum diuitiis |
Inoltre, due circostanze, una di poco conto, l'altra importante, gli tolsero ogni speranza; la circostanza più importante fu il fatto che, quando egli se ne stava in armi nei pressi delle mura di Roma, venne a sapere che dei soldati romani con le loro insegne erano partiti come rinforzi per la Spagna; l'altro fatto di minor conto lo venne a conoscere da un prigioniero, cioè, che proprio in quei giorni era stato venduto il campo in cui egli aveva posto gli alloggiamenti, senza che per questo il prezzo di vendita fosse per nulla diminuito Il fatto che si fosse trovato a Roma un compratore di quel terreno che per diritto di guerra egli possedeva ed occupava, parve ad Annibale un insulto così spavaldo, che, chiamato immediatamente un araldo, gli comandò di porre in vendita le botteghe degli argentieri che erano intorno al Foro romano Scosso da questi avvenimenti ritirò il suo accampamento fino al fiume Tuzia a sei miglia da Roma Si affrettò quindi verso il bosco sacro della dea Feronia, il cui tempio in quell'epoca era famoso per ricchezze |
Capenates aliique qui accolae eius erant primitias frugum eo donaque alia pro copia portantes multo auro argentoque id exornatum habebant iis omnibus donis tum spoliatum templum; aeris acerui cum rudera milites religione inducti iacerent post profectionem Hannibalis magni inuenti huius populatio templi haud dubia inter scriptores est Coelius Romam euntem ab Ereto deuertisse eo Hannibalem tradit, iterque eius ab Reate Cutiliisque et ab Amiterno orditur: ex Campania in Samnium, inde in Paelignos peruenisse, praeterque oppidum Sulmonem in Marrucinos transisse; inde Albensi agro in Marsos, hinc Amiternum Forulosque uicum uenisse |
I Capenati e altri che abitavano vicino ad esso, recando là le primizie delle messi ed altri doni, secondo le loro possibiIità, avevano ornato quel tempio con molto oro ed argento Annibale lo spogliò di tutti questi doni; dopo la partenza di Annibale, furono ritrovati mucchi di metallo, pezzetti di bronzo, che i soldati avevano gettato via spinti dà scrupolo religioso Gli storici confermano senza alcun dubbio il saccheggio di questo tempio Celio Antipatro narra che Annibale venendo a Roma deviò la marcia da Ereto verso il tempio della dea Feronia e che il suo cammino cominciò da Reate, Cutilia ed Amiterno; dalla Campania giunse poi nel Sannio, indi nel paese dei Campani; passò poi sotto la città di Sulmona e si diresse Peligni, verso i Marrucini, indi attraverso il territorio di Alba giunse ai Marsi, poi di qui arrivò ad Amiterno ed al villaggio di Foruli |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 01- 06
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 07, 01- 06
neque ibi error est quod tanti ducis tanti que exercitus uestigia intra tam breuis aeui memoriam potuerint confundi isse enim ea constat: tantum id interest ueneritne eo itinere ad urbem an ab urbe in Campaniam redierit (12) Ceterum non quantum Romanis pertinaciae ad premendam obsidione Capuam fuit, tantum ad defendendam Hannibali namque per Samnium Apuliamque et Lucanos in Bruttium agrum ad fretum ac Regium eo cursu contendit ut prope repentino aduentu incautos oppresserit Capua etsi nihilo segnius obsessa per eos dies fuerat, tamen aduentum Flacci sensit, et admiratio orta est non simul regressum Hannibalem; inde per conloquia intellexerunt relictos se desertosque et spem Capuae retinendae deploratam apud Poenos esse |
Né in questo racconto vi può essere errore, perché in così breve spazio di tempo è difficile che si siano potute perdere le tracce del passaggio di un esercito così grande; risulta, infatti, che Annibale abbia percorso quell'itinerario; si può soltanto discutere se lo abbia fatto venendo verso Roma, oppure ritornando da Roma verso la Campania 12 Tuttavia, non fu così grande la tenacia di Annibale nel difendere Capua, quanto grande fu quella impiegata dai Romani nello stringere d'assedio la città Infatti Annibale, attraverso il Sannio e la Lucania, si diresse verso le terre del Bruzzio allo stretto di Messina e giunse a Reggio con tale rapidità che col suo arrivo improvviso sorprese quegli abitanti che non se l'aspettavano Benché Capua fosse stata nei giorni dell'assenza di Flacco non certo meno energicamente assediata, tuttavia, si accorse che egli era ritornato e si stupì che contemporaneamente a lui non fosse ritorna colloqui, Campani compresero di essere stati lasciati soliabbandonati, poiché i Cartaginesi ritenevano perduta la speranza di Conservare Capua |
accessit edictum proconsulum ex senatus consulto propositum uolgatumque apud hostes ut qui ciuis Campanus ante certam diem transisset sine fraude esset nec ulla facta est transitio, metu magis eos quam fide continente quia maiora in defectione deliquerant quam quibus ignosci posset ceterum quemadmodum nemo priuato consilio ad hostem transibat, ita nihil salutare in medium consulebatur nobilitas rem publicam deseruerat, neque in senatum cogi poterant; in magistratu erat qui non sibi honorem adiecisset, sed indignitate sua uim ac ius magistratui quem gerebat dempsisset iam ne in foro quidem aut publico loco principum quisquam apparebat; domibus inclusi patriae occasum cum suo exitio in dies expectabant |
Si aggiunse poi l'editto del proconsole, che per decreto del senato era stato fatto dei e divulgare fra i nemici, nel quale si diceva che quel cittadino campano che fosse passato ai Romani prima di un determinato giorno sarebbe stato esente da punizione Nessuna diserzione, tuttavia, avvenne, più per paura dei Romani che per fedeltà ad Annibale, poiché i Campani pensavano di avere commesso con la loro defezione una colpa troppo grande per essere perdonati Del resto, dal momento che nessuno passava al nemico per una sua ragione particolare, così a questo proposito non si deliberò nulla in sede pubblica I nobili avevano abbandonato l'amministrazione dello stato né potevano essere costretti a riunirsi in senato; aveva la suprema magistratura uno qualunque, che non ne aveva certo ricavato onore per sé, ma che con la sua indegnità aveva svuotato di ogni valore e di ogni prestigio la carica che esercitava Ormai neppure nel Foro, né in alcun luogo pubblico si vedeva qualcuno dei principali cittadini; essi se ne stavano chiusi nelle case ad aspettare di giorno in giorno il crollo della patria insieme con la loro rovina |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 27; 23 - 24
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 27; 23 - 24
summa curae omnis in Bostarem Hannonemque, praefectos praesidii Punici, uersa erat, suo non sociorum periculo sollicitos ii conscriptis ad Hannibalem litteris non libere modo, sed etiam aspere, quibus non Capuam solam traditam in manum hostibus, sed se quoque et praesidium in omnes cruciatus proditos incusabant: abisse eum in Bruttios uelut auertentem sese ne Capua in oculis eius caperetur at hercule Romanos ne oppugnatione quidem urbis Romanae abstrahi a Capua obsidenda potuisse; tanto constantiorem inimicum Romanum quam amicum Poenum esse si redeat Capuam bellumque omne eo uertat, et se et Campanos paratos eruptioni fore non cum Reginis neque Tarentinis bellum gesturos transisse Alpes: ubi Romanae legiones sint, ibi et Carthaginiensium exercitus debere esse |
tutta la somma degli affari pubblici stava nelle mani di Bostare e di Annone, capi del presidio cartaginese, non certo solleciti dei pericoli in cui versavano i loro alleati Costoro scrissero ad Annibale una lettera dove, non solo con franchezza, ma addirittura con tono aspro lo biasimavano per aver consegnato al nemico non la sola Capua, ma essi stessi e la guarnigione cartaginese, esposti ad ogni tortura; lo accusavano, inoltre, di essersi allontanato verso il Bruzzio come se avesse voluto voltare le spalle per non vedere coi suoi occhi la caduta di Capua I Romani, per Ercole, neppure dal timore che Roma fosse assalita avevano potuto essere allontanati dall'assedio di Capua, a tal punto che l'ostilità dei Romani era più tenace dell'amicizia del Cartaginese Se Annibale fosse ritornato a Capua per rivolgere qui tutto l' impegno della guerra, loro stessi e i Campani sarebbero stati pronti a fare una sortita I Cartaginesi non avevano attraversato le Alpi per combattere contro gli abitanti di Reggio o di Taranto; là dove erano le legioni romane, doveva essere presente anche l'esercito cartaginese |
sic ad Cannas, sic ad Trasumennum rem bene gestam, coeundo conferundoque cum hoste castra, fortunam temptando in hanc sententiam litterae conscriptae Numidis, proposita mercede eam professis operam, dantur ii specie transfugarum cum ad Flaccum in castra uenissent ut inde tempore capto abirent, famesque quae tam diu Capuae erat nulli non probabilem causam transitionis faceret, mulier repente Campana in castra uenit, scortum transfugarum unius, indicatque imperatori Romano Numidas fraude composita transisse litterasque ad Hannibalem ferre: id unum ex iis qui sibi rem aperuisset arguere sese paratam esse |
Così, venendo a contatto col nemico, accampandosi presso di esso e tentando la fortuna, erano state possibili le vittorie di Canne e del Trasimeno Questo il tenore della lettera che fu consegnata ad alcuni Numidi che, con un congruo compenso, si erano impegnati a farla pervenire ad Annibale Costoro, con il pretesto di essere disertori, giunsero al campo di Flacco col proposito di fuggire poi di qui al momento opportuno; la fame che da lungo tempo tormentava Capua, non rendeva a nessuno sospetta la ragione di quella diserzione, quando all'improvviso una donna di Capua, amante di uno dei disertori, venne all'accampamento romano e denunciò al generale romano che i Numidi avevano tramato un inganno per passare e portare una lettera ad Annibale: aggiunse che lei era pronta ad accusare uno dei Numidi che aveva svelato a lei tutta la trama |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 36; 07 - 08
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 36; 07 - 08
productus primo satis constanter ignorare se mulierem simulabat: paulatim dein conuictus ueris cum tormenta posci et parari uideret, fassus id ita esse litteraeque prolatae; additum etiam indicio quod celabatur et alios specie transfugarum Numidas uagari in castris Romanis ii supra septuaginta comprensi et cum transfugis nouis mulcati uirgis manibusque praecisis Capuam rediguntur (13) Conspectum tam triste supplicium fregit animos Campanorum concursus ad curiam populi factus coegit Loesium senatum uocare; et primoribus qui iam diu publicis consiliis aberant propalam minabantur nisi uenirent in senatum circa domos eorum ituros se et in publicum omnes ui extracturos esse is timor frequentem senatum magistratui praebuit |
Il Numida, condotto innanzi alla donna, dapprima si ostinò a fingere di non conoscerla; poi a poco a poco dinanzi alla prova della verità, vedendo che si stavano preparando gli strumenti per la tortura, confessò come erano andate le cose e consegnò la lettera aggiungendo alla denuncia della donna quello che nessuno sapeva, cioè che altri Numidi in veste di disertori andavano vagando nell'accampamento romano Questi, oltre settanta furono presi e coi nuovi disertori furono massacrati a nerbate; con le mani tagliate furono poi fatti ritornare a Capua La vista di un supplizio così crudele fece crollare l'animo dei Campani 13 La folla accorsa alla curia costrinse Lesio a convocare il senato La gente si scagliava contro i più ragguardevoli cittadini che da tempo disertavano le assemblee pubbliche, minacciandoli apertamente che, se non fossero venuti in senato, il popolo stesso sarebbe andato alle loro case e li avrebbe trascinati fuori tutti con la forza Questa paura fece sì che, rispondendo all'invito del magistrato, i maggiorenti tennero un'affollata assemblea |
ibi cum ceteri de legatis mittendis ad imperatores Romanos agerent, Uibius Uirrius, qui defectionis auctor ab Romanis fuerat, interrogatus sententiam, negat eos qui de legatis et de pace ac deditione loquantur meminisse nec quid facturi fuerint si Romanos in potestate habuissent nec quid ipsis patiendum sit quid uos inquit eam deditionem fore censetis qua quondam, ut aduersus Samnites auxilium impetraremus, nos nostraque omnia Romanis dedidimus iam e memoria excessit, quo tempore et in qua fortuna a populo Romano defecerimus iam, quemadmodum in defectione praesidium, quod poterat emitti, per cruciatum et ad contumeliam necarimus quotiens in obsidentes, quam inimice eruperimus, castra oppugnarimus, Hannibalem uocauerimus ad opprimendos eos |
Durante la discussione, mentre gli altri ritenevano che si dovessero inviare dei messi ai generali romani, Vibio Virrio, che era stato il propugnatore della diserzione dall'alleanza romana, richiesto del suo parere, affermò che coloro che parlavano di ambasceria, di pace e di resa non pensavano a ciò che avrebbero fatto se fossero stati loro ad avere i Romani in proprio potere, né a ciò che essi stessi avrebbero dovuto sopportare E che disse immaginate voi forse che la nostra resa sarebbe alle stesse condizioni di quella con la quale un tempo consegnammo ai Romani tutto ciò che avevamo, per ottenere aiuto contro i Sanniti Ormai avete dimenticato in qual momento ed in quale situazione noi abbiamo abbandonato l'amicizia del popolo romano Non vi ricordate in che modo, al momento della defezione, noi abbiamo ucciso con sevizie e con oltraggi il presidio romano che poteva essere lasciato libero Voi vi siete dimenticati quante volte e con quale violenza noi abbiamo fatto sortite contro i Romani assedianti ed abbiamo assalito i loro accampamenti ed abbiamo chiamato Annibale per annientarli |
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Livio, Ab urbe condita: Libro 07, 37-42
Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 07, 37-42
hoc quod recentissimum est, ad oppugnandam Romam hinc eum miserimus age contra, quae illi infeste in nos fecerint repetite, ut ex eo quid speretis habeatis cum hostis alienigena in Italia esset et Hannibal hostis et cuncta bello arderent, omissis omnibus, omisso ipso Hannibale, ambo consules et duo consulares exercitus ad Capuam oppugnandam miserunt alterum annum circumuallatos inclusosque nos fame macerant, et ipsi nobiscum ultima pericula et grauissimos labores perpessi, circa uallum ac fossas saepe trucidati ac prope ad extremum castris exuti sed omitto haec uetus atque usitata res est in oppugnanda hostium urbe labores ac pericula pati : illud irae atque odii inexpiabilis exsecrabilisque indicium est |
Vi ricordate l'episodio più recente, quando noi abbiamo indotto Annibale stesso a partire da Capua per dare l'assalto a Roma Orsù, richiamate invece alla memoria tutti gli atti di ostilità dei Romani contro di noi per poter poi misurare da ciò quello che potete sperare Mentre un nemico straniero era in Italia, e questi era Annibale, i Romani mandarono ambedue i consoli con due eserciti consolariad assalire Capua Da due anni essi ci tormentano con la fame mentre siamo assediati ed imprigionati ed anch'essi insieme con noi affrontano estremi pericoli e gravissimi stenti, spesso trucidati intorno alle trincee ed ai fossati ed alla fine quasi privati dei loro accampamenti Lasciamo pur da parte queste cose: è ormai antica consuetudine di soffrire fatiche e di correre pericoli quando si assale una città nemica; questo soprattutto è, invece, segno di furore e di odio mortale ed implacabile |