Con questo dipinto Frida aggiunge un'altra pagina al suo personale diario per immagini, portato avanti per tutta la vita: quasi una terapia per esorcizzare le proprie ossessioni. Sullo sfondo di un cielo da cui piovono gocce di latte si staglia la figura da statua precolombiana della balia, il cui volto è coperto da una maschera di pietra nera. Poiché solo gli idoli indossavano questo tipo di maschera, è possibile che la donna fosse morta.
Frida giace tra le braccia della balia/idolo come una piccola adulta, una bambina costretta a crescere troppo presto. Numerose, anche in questo caso, le immagini simboliche che la critica stenta interpretare: le enormi foglie, presenti anche in altri quadri, sono state intese come una barriera protettiva; la farfalla sulla destra, simbolo della morte e della reincarnazione dell'anima, sembrerebbe indicare un punto di svolta nella vita. La forza di Kahlo sta nell'aver tradotto in una personale forma pittorica il mito, ponendolo in relazione con la sua vita privata
Frida matura come artista nella prima metà del XX secolo, quando alla donna messicana non si faceva credito di una possibile affermazione professionale e quando tutta la pittura esposta nei musei era opera di mani maschili. La semplice presenza della Kahlo in un simile contesto è prova di una straordinaria personalità artistica, che si afferma controcorrente e lontana dai grandi temi storici promossi dallo Stato e dalla quasi totalità della comunità intellettuale del tempo