Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 01; 230-273, pag 2

Cicerone, Tuscolanae Disputationes: Libro 01; 230-273

Latino: dall'autore Cicerone, opera Tuscolanae Disputationes parte Libro 01; 230-273
Sic mentem hominis, quamvis eam non videas, ut deum non vides, tamen, ut deum adgnoscis ex operibus eius, sic ex memoria rerum et inventione et celeritate motus omnique pulchritudine virtutis vim divinam mentis adgnoscito

[263] In quo igitur loco est

Credo equidem in capite et cur credam, adferre possum

[264] Sed alias, ubi sit animus; certe quidem in te est

[265] Quae est eius natura

Propria, puto, et sua

[266] Sed fac igneam, fac spirabilem; nihil ad id de quo agimus

[267] Illud modo videto, ut deum noris, etsi eius ignores et locum et faciem, sic animum tibi tuum notum esse oportere, etiamsi ignores et locum et formam
Così, anche se non vedi lo spirito delluomo, come non vedi la divinità, tuttavia, come riconosci la divinità dalle sue opere, così dalla memoria delle cose, dallinvenzione, dalla velocità del movimento e dalla bellezza di ogni sua qualità devi riconoscere la natura divina dello spirito

[263] Dunque in quale luogo si trova

Credo che indubbiamente si trovi nella testa e posso spiegare perché lo penso

[264] Ma dove si trova lanima lo diremo unaltra volta; comunque è certo che è in te

[265] Qual è la sua natura

una natura particolare, io credo, e solo sua

[266] Ma pensala di fuoco, pensala di aria; ciò non ha importanza per largomento di cui parliamo

[267] Devi considerare solo ciò, che come conosci la divinità, anche se ignori la sua sede e il suo aspetto, così è inevitabile che ti sia nota la tua anima, anche se ne ignori la sede e la forma
[268] In animi autem cognitione dubitare non possumus, nisi plane in physicis plumbei sumus, quin nihil sit animis admixtum, nihil concretum, nihil copulatum, nihil coagmentatum, nihil duplex

[269] Quod cum ita sit, certe nec secerni nec dividi nec discerpi nec distrahi potest, ne interire [quidem] igitur

[270] Est enim interitus quasi discessus et secretio ac diremptus earum partium quae ante interitum iunctione aliqua tenebantur
[268] Inoltre riguardo la nozione di anima, non possiamo dubitare, a meno che non siamo completamente ottusi in fisica, sul fatto che nellanima non ci sia nulla di mescolato, né di aggregato, né di riunito, né di congiunto, né di duplice

[269] Stando così le cose, certamente lanima non può essere né separata, né divisa, né spezzata, né lacerata, dunque non può neppure morire

[270] Infatti la morte è come un distacco e una separazione e una rottura di quelle parti che prima del decesso erano tenute insieme da qualche collegamento
[271] His et talibus rationibus adductus Socrates nec patronum quaesivit ad iudicium capitis nec iudicibus supplex fuit adhibuitque liberam contumaciam a magnitudine animi ductam, non a superbia, et supremo vitae die de hoc ipso multa disseruit et paucis ante diebus, cum facile posset educi e custodia, noluit, et tum paene in manu iam mortiferum illud tenens poculum locutus ita est, ut non ad mortem trudi, verum in caelum videretur escendere

[272] Ita Socrates enim censebat itaque disseruit, duas esse vias duplicesque cursus animorum e corpore excedentium
[271] Spinto da queste e da altre simili ragioni, Socrate non cercò un difensore per il giudizio capitale né supplicò i giudici e mostrò una libera alterezza derivata dalla grandezza danimo, non dalla superbia, e nel giorno estremo della sua vita discusse a lungo riguardo questo argomento e pochi giorni prima, pur potendo essere liberato facilmente dalla prigione, non volle, e in quel momento quasi già tenendo in mano quel calice che gli avrebbe dato la morte, parlò in maniera tale che non sembrava essere trascinato alla morte, ma in verità salire in cielo

[272] Infatti così pensava Socrate e pertanto affermò che ci sono due vie e una duplice direzione delle anime che escono dal corpo

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[273] Nam qui se humanis vitiis contaminavissent et se totos libidinibus dedissent, quibus caecati vel domesticis vitiis atque flagitiis se inquinavissent vel re publica violanda fraudes inexpiabiles concepissent, iis devium quoddam iter esse, seclusum a concilio deorum; qui autem se integros castosque servavissent, quibusque fuisset minima cum corporibus contagio seseque ab iis semper sevocavissent essentque in corporibus humanis vitam imitati deorum, iis ad illos a quibus essent profecti reditum facilem patere [273] Infatti se esse si lasciano contaminare dai vizi umani e si abbandonano completamente alle passioni, diventando cieche al punto da corrompere se stesse in vizi e turpitudini nella vita privata, o da concepire inganni senza rimedio per danneggiare lo stato, per esse cè un percorso secondario, che non conduce al concilio degli dèi; se invece esse si sono conservate intatte e pure, e hanno avuto minimi contatti con il corpo e si sono tenute sempre lontane da esso, imitando, mentre stavano nel corpo umano, la vita degli dèi, appare davanti ad esse un facile ritorno a quegli dèi dai quali erano partite

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