Tacito, Annales: Libro 15, 36-75, pag 5

Tacito, Annales: Libro 15, 36-75

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 15, 36-75
[63] Ubi haec atque talia velut in commune disseruit, complectitur uxorem, et paululum adversus praesentem fortitudinem mollitus rogat oratque temperaret dolori [neu] aeternum susciperet, sed in contemplatione vitae per virtutem actae desiderium mariti solaciis honestis toleraret

illa contra sibi quoque destinatam mortem adseverat manumque percussoris exposcit

tum Seneca gloriae eius non adversus, simul amore, ne sibi unice dilectam ad iniurias relinqueret, 'vitae' inquit 'delenimenta monstraveram tibi, tu mortis decus mavis: non invidebo exemplo

sit huius tam fortis exitus constantia penes utrosque par, claritudinis plus in tuo fine

post quae eodem ictu brachia ferro exsolvunt
63 Dopo riflessioni di tal genere, che sembravano rivolte a tutti indistintamente, stringe fra le braccia la moglie e, inteneritosi alquanto, malgrado la forza d'animo di cui dava prova in quel momento, la prega e la scongiura di contenere il suo dolore e di non renderlo eterno, ma di trovare, nella meditazione di una vita tutta vissuta nella virtù, un decoroso aiuto a reggere il rimpianto del marito perduto

Paolina invece afferma che la morte è destinata anche a sé e chiede la mano del carnefice

Seneca allora, per non opporsi alla gloria della moglie, e anche per amore, non volendo lasciare esposta alle offese di Nerone la donna che unicamente amava: Ti avevo indicato le disse come alleviare il dolore della vita, ma tu preferisci l'onore della morte: non mi opporrò a questo gesto esemplare

Possa la fermezza di una morte così intrepida essere pari in te e in me, ma sia più luminosa la tua fine

Dopo di che il ferro recide, con un colpo solo, le vene delle loro braccia
Seneca, quoniam senile corpus et parco victu tenuatum lenta effugia sanguini praebebat, crurum quoque et poplitum venas abrumpit; saevisque cruciatibus defessus, ne dolore suo animum uxoris infringeret atque ipse visendo eius tormenta ad impatientiam delaberetur, suadet in aliud cubiculum abscedere

et novissimo quoque momento suppeditante eloquentia advocatis scriptoribus pleraque tradidit, quae in vulgus edita eius verbis invertere supersedeo

[64] At Nero nullo in Paulinam proprio odio, ac ne glisceret invidia crudelitas, [iubet] inhiberi mortem

hortantibus militibus servi libertique obligant brachia, premunt sanguinem, incertum an ignarae
Seneca, poiché il corpo vecchio e indebolito dal poco cibo lasciava fuoruscire lentamente il sangue, taglia anche le vene delle gambe e dei polpacci; e, stremato dalla intensa sofferenza, per non fiaccare col proprio dolore l'animo della moglie, e per non essere indotto a cedere, di fronte ai tormenti di lei, la induce a passare in un'altra stanza

E, non venendogli meno l'eloquenza anche negli ultimi momenti, fece venire degli scrivani, cui dettò molte pagine che, divulgate nella loro forma testuale, evito qui di riferire con parole mie

64 Nerone però, non avendo motivi di odio personale contro Paolina, e per non rendere ancora più impopolare la propria crudeltà, ordina di impedirne la morte

Così, sollecitati dai soldati, schiavi e liberti le legano le braccia e le tamponano il sangue; e, se ne avesse coscienza, è incerto
nam, ut est vulgus ad deteriora promptum, non defuere qui crederent, donec implacabilem Neronem timuerit, famam sociatae cum marito mortis petivisse, deinde oblata mitiore spe blandimentis vitae evictam; cui addidit paucos postea annos, laudabili in maritum memoria et ore ac membris in eum pallorem albentibus, ut ostentui esset multum vitalis spiritus egestum

Seneca interim, durante tractu et lentitudine mortis, Statium Annaeum, diu sibi amicitiae fide et arte medicinae probatum, orat provisum pridem venenum, quo d[am]nati publico Atheniensium iudicio exstinguerentur, promeret; adlatumque hausit frustra, frigidus iam artus et cluso corpore adversum vim veneni

postremo stagnum calidae aquae introiit, respergens proximos servorum addita voce libare se liquorem illum Iovi liberatori
Non mancarono, infatti, perché il volgo inclina sempre alle versioni deteriori, persone convinte che Paolina abbia ricercato la gloria di morire insieme al marito, finché ebbe a temere l'implacabilità di Nerone, ma che poi, al dischiudersi di una speranza migliore, sia stata vinta dalla lusinga della vita; dopo il marito, visse ancora pochi anni, conservandone memoria degnissima e con impressi sul volto bianco e nelle membra i segni di un pallore attestante che molto del suo spirito vitale se n'era andato con lui

Seneca intanto, protraendosi la vita in un lento avvicinarsi della morte, prega Anneo Stazio, da tempo suo amico provato e competente nell'arte medica, di somministrargli quel veleno, già pronto da molto, con cui si facevano morire ad Atene le persone condannate da sentenza popolare; avutolo, lo bevve, ma senza effetto, per essere già fredde le membra e insensibile il corpo all'azione del veleno

Da ultimo, entrò in una vasca d'acqua calda, ne asperse gli schiavi più vicini e aggiunse che, con quel liquido, libava a Giove liberatore

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Tacito, Annales: Libro 04, 25-50
Tacito, Annales: Libro 04, 25-50

Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 04, 25-50

exim balneo inlatus et vapore eius exanimatus, sine ullo funeris sollemni crematur

ita codicillis praescripserat, cum etiam tum praedives et praepotens supremis suis consuleret

[65] Fama fuit Subrium Flavum cum centurionibus occulto consilio, neque tamen ignorante Seneca, destinavisse, ut post occisum opera Pisonis Neronem Piso quoque interficeretur tradereturque imperium Senecae, quasi insonti et claritudine virtutum ad summum fastigium delecto

quin et verba Flavi vulgabantur, non referre dedecori, si citharoedus demoveretur et tragoedus succederet (quia ut Nero cithara, ita Piso tragico ornatu canebat)

[66] Ceterum militaris quoque conspiratio non ultra fefellit, accensis [quoque] indicibus ad prodendum Faenium Rufum, quem eundem conscium et inquisitorem non tolerabant
Portato poi in un bagno caldissimo, spirò a causa del vapore e venne cremato senza cerimonia alcuna

Così aveva già indicato nel suo testamento, quando, nel pieno della ricchezza e del potere, volgeva il pensiero al momento della fine

65 Correva voce che Subrio Flavo, in una riunione segreta con dei centurioni, non però all'insaputa di Seneca, si fosse riproposto, dopo l'uccisione di Nerone a opera di Pisone, di togliere di mezzo anche quello e di affidare il potere a Seneca, perché senza macchia e come prescelto al vertice dello stato per la notorietà delle sue virtù

Si citavano anzi le parole di Flavo: la vergogna non cambiava, se ci si fosse sbarazzati di un citaredo per sostituirlo con un tragediante; se Nerone infatti cantava accompagnandosi con la cetra, Pisone faceva altrettanto in veste di attore tragico

66 Peraltro, anche la congiura dei militari non rimase più a lungo nascosta, perché chi parlava si sentiva sollecitato a fare il nome di Fenio Rufo, non tollerando il suo doppio ruolo di congiurato e di inquisitore
ergo instanti minitantique renidens Scaevinus neminem ait plura scire quam ipsum, hortaturque ultro redderet tam bono principi vicem

non vox adversum ea Faenio, non silentium, sed verba sua praepediens et pavoris manifestus, ceterisque ac maxime Cervario Proculo equite Romano ad convincendum eum conisis, iussu imperatoris a Cassio milite, qui ob insigne corporis robur adstabat, corripitur vinciturque

[67] Mox eorundem indicio Subrius Flavus tribunus pervertitur, primo dissimilitudinem morum ad defensionem trahens, neque se armatum cum inermibus et effeminatis tantum facinus consociaturum; dein, postquam urgebatur, confessionis gloriam amplexus interrogatusque a Nerone, quibus causis ad oblivionem sacramenti processisset, 'oderam te, ' inquit
Perciò, di fronte alle sue pressioni e alle sue minacce, ecco Scevino dichiarare, sogghignando, che nessuno ne sapeva più di lui, e lo invita a dimostrare la sua gratitudine ad un principe così buono

A tali parole Fenio non seppe né ribattere né tacere, ma si mise a balbettare qualcosa, tradendo lo sgomento, sicché gli altri, e in particolare il cavaliere romano Cervario Proculo, si impegnarono a fondo per indurlo a confessare, fino a che, per ordine dell'imperatore, fu preso e messo in catene dal soldato Cassio che, per l'eccezionale forza fisica, Nerone si teneva al fianco

67 Subito dopo, dietro denuncia dei medesimi, si abbatte la rovina sul tribuno Subrio Flavo, che in un primo tempo tentò la difesa adducendo la sua mentalità totalmente diversa, per cui non si sarebbe associato, per un obiettivo così grande, a persone inesperte di armi ed effeminate; ma poi, di fronte alla pressione delle accuse, scelse la gloria di un'aperta ammissione; e, interrogato da Nerone per quali ragioni avesse potuto dimenticare il giuramento prestato, rispose: Ti odiavo

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Tacito, Annales: Libro 14, 01-19
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Latino: dall'autore Tacito, opera Annales parte Libro 14, 01-19

'nec quisquam tibi fidelior militum fuit, dum amari meruisti: odisse coepi, postquam parricida matris et uxoris, auriga et histrio et incendiarius extitisti'

ipsa rettuli verba, quia non, ut Senecae, vulgata erant, nec minus nosci decebat militaris viri sensus incomptos et validos

nihil in illa coniuratione gravius auribus Neronis accidisse constitit, qui ut faciendis sceleribus promptus, ita audiendi quae faceret insolens erat

poena Flavi Veianio Nigro tribuno mandatur

is proximo in agro scrobem effodi iussit, quam Flavus ut humilem et angustam increpans, circumstantibus militibus, 'ne hoc quidem,' inquit, 'ex disciplina’
Nessun soldato ti è stato fedele più di me, finché hai meritato di essere amato; ho cominciato a odiarti da quando sei diventato assassino di tua madre e di tua moglie e auriga e istrione e incendiario

Ho riferito testualmente le parole, perché, a differenza di quelle di Seneca, non sono state rese note, ed era altrettanto giusto che si conoscessero i sentimenti rudi ma forti di un soldato

Non risulta che, in quella congiura, abbiano dovuto ascoltare nulla di più pesante le orecchie di Nerone, il quale, se era pronto a commettere crimini, non era abituato a sentirsi imputare i gesti compiuti

L'esecuzione di Flavo venne affidata al tribuno Veianio Nigro

Questi ordinò di scavare una fossa in un campo vicino, e Flavo, come la vide bassa e stretta, disse, rivolto ai soldati circostanti, in tono di rimprovero: Neppure questo è secondo il regolamento
admonitusque fortiter protendere cervicem 'utinam,' ait 'tu tam fortiter ferias' et ille multum tremens, cum vix duobus ictibus caput amputavisset, saevitiam apud Neronem iactavit, sesquiplaga interfectum a se dicendo

[68] Proximum constantiae exemplum Sulpicius Asper centurio praebuit, percunctanti Neroni, cur in caedam suam conspiravisset, breviter respondens non aliter tot flagitiis eius subveniri potuisse

tum iussam poenam subiit

nec ceteri centuriones in perpetiendis suppliciis degeneravere: at non Faenio Rufo par animus, sed lamentationes suas etiam in testamentum contulit

Opperiebatur Nero, ut Vestinus quoque consul in crimen traheretur, violentum et infensum ratus, sed ex coniuratis consilia cum Vestino non miscuerant quidam vetustis in eum simultatibus, plures, quia praecipitem et insociabilem credebant
E, invitato a porgere risoluto il collo, esclamò: Sapessi tu colpire con altrettanta fermezza; e quello, con la mano che tremava, gli tagliò la testa a fatica con due fendenti, ma poi si vantò, davanti a Nerone, della sua crudeltà, sostenendo di averlo ucciso con un colpo e mezzo

68 Un esempio di fermezza, vicinissimo a questo, lo offrì, subito dopo, il centurione Sulpicio Aspro, che a Nerone, il quale voleva sapere perché avesse cospirato contro la sua vita, rispose secco che era l'unico modo per porre rimedio alle sue infamie

Poi affrontò la pena inflittagli

Anche gli altri centurioni si mostrarono forti davanti al supplizio; ma eguale coraggio non ebbe Fenio Rufo, che riversò i suoi lamenti anche nel testamento

Nerone aspettava di veder coinvolto nell'accusa anche il console Vestino, sapendolo di carattere violento e a lui ostile, ma i congiurati non l'avevano messo a parte dei loro progetti, alcuni per antichi rancori nei suoi confronti e i più ritenendolo avventato e incompatibile con loro

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ceterum Neroni odium adversus Vestinum ex intima sodalitate coeperat, dum hic ignaviam principis penitus dognitam despicit, ille ferociam amici metuit, saepe asperis facetiis inlusus, quae ubi multum ex vero traxere, acrem sui memoriam relinquunt

accesserat repens causa, quod Vestinus Statiliam Messalinam matrimonio sibi iunxerat, haud nescius inter adulteros eius et Caesarem esse

[69] Igitur non crimine, non accusatore existente, quia speciem iudicis induere non poterat, ad vim dominationis conversus Gerellanum tribunum cum cohorte militum immittit

iubetque praevenire conatus consulis, occupare velut arcem eius, opprimere delectam iuventutem, quia Vestinus imminentes foro aedes decoraque servitia et pari aetate habebat
L'odio di Nerone verso di lui aveva avuto origine proprio da un'intima frequentazione, perché Vestino disprezzava la viltà del principe a lui ben nota e Nerone temeva la fierezza dell'amico, sentendosi spesso preso di mira dai suoi aspri sarcasmi, che, se fondati sul vero, lasciano il segno

S'era poi aggiunto un motivo recente: Vestino aveva legato a sé in matrimonio Statilia Messalina, pur sapendo che tra i suoi amanti c'era anche Cesare

69 Pertanto, non esistendo né un'accusa né un accusatore e nell'impossibilità di assumere la veste del giudice, ripiega sulla violenza tirannica e invia il tribuno Gerellano alla testa di una coorte di soldati

Questi hanno l'ordine di prevenire ogni tentativo del console di occupare quella sua specie di rocca e di sopprimere quei giovani scelti: aveva, infatti, Vestino la casa sovrastante il foro e schiavi molto belli, tutti della stessa età
cuncta eo die munia consulis impleverat conviviumque celebra[ba]t, nihil metuens an dissimulando metu, cum ingressi milites vocari eum a tribuno dixere

ille nihil demoratus exsurgit, et omnia simul properantur: clauditur cubiculo, praesto est medicus, abscinduntur venae, vigens adhuc balneo infertur, calida aqua mersatur, nulla edita voce, qua semet miseraretur

circumdati interim custodia qui simul discubuerant, nec nisi provecta nocte omissi sunt, postquam pavorem eorum, ex mensa exitium opperientium, et imaginatus et inridens Nero satis supplicii luisse ait pro epulis consularibus
Quel giorno aveva compiuto tutti i suoi doveri di console e dava un banchetto, nulla temendo, o forse dissimulava il timore, quando entrarono i soldati a dire che lo voleva il tribuno

Si alzò senza indugio, e poi tutto si compie in un lampo: viene rinchiuso in una stanza, un medico è lì pronto, gli tagliano le vene e lo trasportano, ancora vivo, in un bagno e lo immergono nell'acqua calda, senza che gli uscisse una sola sillaba di commiserazione per sé

Uomini di guardia circondano intanto i commensali, che non furono lasciati liberi se non a notte inoltrata, dopo che Nerone si fu divertito a immaginare la paura di quelli, che si aspettavano di passare dal convito alla morte, e irridendoli nel dire che avevano pagato abbastanza quel pranzo consolare

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[70] Exim Annaei Lucani caedem imperat is profluente sanguine ubi frigescere pedes manusque et paulatim ab extremis cedere spiritum fervido adhuc et compote mentis pectore intellegit, recordatus carmen a se compositum, quo vulneratum militem per eius modi mortis imaginem obisse tradiderat, versus ipsos rettulit, eaque illi suprema vox fuit

Senecio posthac et Quintianus et Scaevinus non ex priore vitae millitia, mox reliqui coniuratorum periere, nullo facto dictove memorando

[71] Sed compleri interim urbs funeribus, Capitoliam victimis; alius filio, fratre alius aut propinquo aut amico interfectis, agere grates dies, ornare lauru domum, genua ipsius advolvi et dextram osculis fatigare

atque ille gaudium id credens Antonii Natalis et Cervarii Proculi festinata indicia impunitate remuneratur
70 Comanda, poi, la morte di Anneo Lucano; e allorché costui, mentre il sangue usciva dalle vene, sentì che i piedi e le mani si facevano freddi e lo spirito vitale se ne andava poco a poco dalle estremità, ma la mente restava ancora lucida e pulsava vitale il cuore, si rammentò dei versi che aveva composto, nei quali aveva descritto un soldato ferito che moriva nello stesso modo; li volle recitare e furono le sue ultime parole

Perirono poi Senecione e Quinziano e Scevino, smentendo le precedenti mollezze della loro vita; in seguito morirono gli altri congiurati, senza fare o dire nulla che meriti ricordo

71 Piena intanto la città di funerali e il Campidoglio di vittime: chi aveva avuto ucciso il figlio o il fratello o un parente o un amico, eccolo rendere grazie agli dèi, ornare la casa di alloro, gettarsi alle ginocchia di Cesare e coprirgli la destra di baci

Ed egli, credendoli segni di gioia, premia con l'impunità le sollecite delazioni di Antonio Natale e Cervario Proculo

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