Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 01-10, pag 2

Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 01-10

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 23; 01-10
Legiones, equitatus, arma, signa, equi uirique, pecunia, commeatus aut in acie aut binis postero die amissis castris perierunt

Itaque non iuuetis nos in bello oportet, Campani, sed paene bellum pro nobis suscipiatis

Veniat in mentem, ut trepidos quondam maiores uestros intra moenia compulsos, nec Samnitem modo hostem sed etiam Sidicinum pauentes, receptos in fidem [ad] Saticulam defenderimus coeptumque propter uos cum Samnitibus bellum per centum prope annos uariante fortuna euentum tulerimus

Adicite ad haec, quod foedus aequum deditis, quod leges uestras, quod ad extremum, id quod ante Cannensem certe cladem maximum fuit, ciuitatem nostram magnae parti uestrum dedimus communicauimusque uobiscum
perirono le legioni, la cavalleria, le armi, le insegne, i cavalli, i soldati, il denaro, i rifornimenti, o sul campo di battaglia o il giorno dopo per la perdita dei due accampamenti

Pertanto, o Campani, quel che ci occorre non è che ci aiutiate nella guerra, ma quasi che voi la intraprendiate per noi

Ricordatevi piuttosto ora, quando noi, dopo averli accolti in amicizia, abbiamo un tempo difeso presso Saticola i vostri antenati atterriti e ricacciati entro le mura, pieni di paura non solo dei nemici Sanniti, ma anche dei Sidicini; allora noi abbiamo per causa vostra cominciato e continuato per quasi cento anni la guerra contro i Sanniti e l'abbiamo sopportata con varia fortuna

A ciò aggiungete che a voi, che pur vi eravate arresi, noi concedemmo alleanza e parità di diritti, lasciandovi le vostre leggi e che, alla fine, come massimo onore concesso prima della disfatta di Canne, facemmo dono della nostra cittadinanza a gran parte di voi e vi rendemmo partecipi dei nostri diritti
Itaque communem uos hanc cladem quae accepta est credere, Campani, oportet, communem patriam tuendam arbitrari esse

Non cum Samnite aut Etrusco res est ut quod a nobis ablatum sit in Italia tamen imperium maneat; Poenus hostis ne Africae quidem indigenam ab ultimis terrarum oris, freto Oceani Herculisque columnis, expertem omnis iuris et condicionis et linguae prope humanae militem trahit

Hunc natura et moribus immitem ferumque insuper dux ipse efferauit, pontibus ac molibus ex humanorum corporum strue faciendis et, quod proloqui etiam piget, uesci corporibus humanis docendo
Pertanto, è necessario, o Campani, che voi riteniate come cosa vostra e nostra questa sconfitta e che consideriate la necessità di difendere la patria comune

Qui non si combatte contro i Sanniti o contro gli Etruschi, in modo che la supremazia debba in ogni caso rimanere in Italia qualora sia sottratta a noi; il nemico è il Cartaginese, che non è neppure indigeno dell'Africa e che dalle ultime spiagge della terra, dallo stretto dell'oceano e dalle colonne d'Ercole, conduce milizie prive di qualunque conoscenza di diritto, di condizione umana e quasi di ogni umano linguaggio

Costoro, già per natura e per costumi crudeli e selvaggi, lo stesso loro comandante rese ancor più crudeli col far costruire a loro ponti e dighe con mucchi di cadaveri e, ciò che mi vergogno di dire dinanzi a voi, con l'abituarli a mangiare carne di morti
His infandis pastos epulis, quos contingere etiam nefas sit, uidere atque habere dominos et ex Africa et a Carthagine iura petere et Italiam Numidarum ac Maurorum pati prouinciam esse, cui non, genito modo in Italia, detestabile sit

Pulchrum erit, Campani, prolapsum clade Romanum imperium uestra fide, uestris uiribus retentum ac reciperatum esse

Triginta milia peditum, quattuor milia equitum arbitror ex Campania scribi posse; iam pecuniae adfatim est frumentique

Si parem fortunae uestrae fidem habetis, nec Hannibal se uicisse sentiet nec Romani uictos esse
Chi, nato in Italia, non riterrebbe abominevole vedere come suoi padroni uomini nutriti di tali nefandi cibi, che solo il toccare sarebbe per noi empietà e vedere noi costretti a ricevere leggi dall'Africa e da Cartagine e a sopportare che l'Italia divenga provincia dei Numidi e dei Mauri

Sarebbe bello, o Campani, che il dominio di Roma, crollato per questa sconfitta, potesse essere arrestato nella sua rovina e risollevato con le vostre forze

Io credo che dalla Campania si possano arruolare tentamela fanti e quattromila cavalieri; di denaro e di frumento ce n'è in sovrabbondanza

Se la vostra fedeltà fosse pari alla vostra prosperità, né Annibale potrebbe sperare di vincere, né i Romani penserebbero di essere vinti

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Livio, Ab urbe condita: Libro 08, Parte 02

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 08, Parte 02

[6] [Ab] hac oratione consulis dimissis redeuntibusque domum legatis unus ex iis Vibius Virrius tempus uenisse ait, quo Campani non agrum solum ab Romanis quondam per iniuriam ademptum reciperare sed imperio etiam Italiae potiri possint; foedus enim cum Hannibale quibus uelint legibus facturos; neque controuersiam fore quin, cum ipse confecto bello Hannibal uictor in Africam decedat exercitumque deportet, Italiae imperium Campanis relinquatur

Haec Virrio loquenti assensi omnes ita renuntiant legationem uti deletum omnibus uideretur nomen Romanum

Extemplo plebes ad defectionem ac pars maior senatus spectare; extracta tamen auctoritatibus seniorum per paucos dies est res
6 Dopo il discorso del console, congedati gli ambasciatori, mentre costoro ritornavano in patria, uno di essi, Vibio Virrio, disse che era venuto il momento nel quale i Campani non solo potevano riprendersi il territorio che i Romani ingiustamente avevano a loro portato via, ma potevano anche impadronirsi del dominio dell'Italia: infatti, i Campani avrebbero potuto fare con Annibale un patto alle condizioni che volevano; non vi era ragione di dubitare che, qualora lo stesso Annibale, condotta a termine la guerra, fosse ritornato vincitore in Africa portandosi con sé l'esercito, il dominio dell'Italia sarebbe rimasto ai Campani

Tutti furono d'accordo con Virrio e, quando gli ambasciatori ritornati a Capua riferirono le cose dette e udite, a tutti sembrò che ormai il nome romano fosse tramontato

Subito la plebe e la maggior parte del senato si dichiararono favorevoli alla defezione; tuttavia, la decisione fu rimandata di qualche giorno per il consiglio autorevole dei più anziani
Postremo uicit sententia plurium ut iidem legati qui ad consulem Romanum ierant ad Hannibalem mitterentur

Quo priusquam iretur certumque defectionis consilium esset, Romam legatos missos a Campanis in quibusdam annalibus inuenio, postulantes ut alter consul Campanus fieret, si rem Romanam adiuuari uellent; indignatione orta summoueri a curia iussos esse, missumque lictorem qui ex urbe educeret eos atque eo die manere extra fines Romanos iuberet

Quia nimis compar Latinorum quondam postulatio erat Coeliusque et alii id haud sine causa praetermiserint scriptores, ponere pro certo sum ueritus
Alla fine prevalse il voto della maggioranza, perché si rimandassero ad Annibale quegli stessi ambasciatori che si erano recati dal console romano

Leggo in qualche testo di annali che, prima di mandare tali messi ad Annibale, in modo che la decisione di staccarsi da Roma fosse definitiva, erano stati inviati a Roma degli ambasciatori a chiedere che uno dei due consoli fosse Campano, se i Romani volevano un aiuto nella presente situazione; si racconta anche che, per l'indignazione che tale proposta suscitò a Roma, fu dato l'ordine di allontanare i messaggeri dalla Curia; fu mandato, inoltre, un littore ad accompagnarli fuori della città ingiungendo a loro di uscire quel giorno stesso dai confini del territorio di Roma

Poiché tale richiesta era troppo simile a quella fatta un tempo dai Latini, Celio ed altri storici non l'avrebbero taciuta senza ragione; perciò io sono cauto nel ritenerla per certa

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Livio, Ab urbe condita: Libro 29; 01 - 03

Latino: dall'autore Livio, opera Ab urbe condita parte Libro 29; 01 - 03

[7] Legati ad Hannibalem uenerunt pacemque cum eo condicionibus fecerunt ne quis imperator magistratusue Poenorum ius ullum in ciuem Campanum haberet neue ciuis Campanus inuitus militaret munusue faceret; ut suae leges, sui magistratus Capuae essent; ut trecentos ex Romanis captiuis Poenus daret Campanis, quos ipsi elegissent, cum quibus equitum Campanorum, qui in Sicilia stipendia facerent, permutatio fieret

Haec pacta: illa insuper quam quae pacta erant facinora Campani ediderunt: nam praefectos socium ciuesque Romanos alios, partim aliquo militiae munere occupatos, partim priuatis negotiis implicitos, plebs repente omnes comprehensos uelut custodiae causa balneis includi iussit

ubi feruore atque aestu anima interclusa foedum in modum exspirarent
7 Gli ambasciatori campani vennero ad Annibale e con lui fecero un trattato di pace a queste condizioni: che nessun magistrato militare o civile cartaginese avesse alcun diritto verso un cittadino campano e che nessun cittadino campano facesse il servizio militare o, comunque, esercitasse un ufficio contro la sua volontà; fu pattuito, inoltre, che Capua conservasse i suoi magistrati e le sue leggi e che Annibale consegnasse ai Campani, a loro scelta, trecento prigionieri romani, coi quali poter fare uno scambio con quei cavalieri campani che militavano in Sicilia

Queste furono le condizioni; oltre a quello che era stato pattuito, i Campani compirono per conto loro delle azioni scellerate: la plebe, infatti, improvvisamente arrestò i prefetti romani degli alleati ed alcuni cittadini romani, parte addetti ad uffici militari, parte occupati in affari privati e comandò che, col pretesto di tenerli sotto custodia, fossero rinchiusi nei bagni

Qui per il calore asfissiante, essendo a loro impedito di respirare, morirono tutti in modo atroce
Ea ne fierent neu legatio mitteretur ad Poenum, summa ope Decius Magius, uir cui ad summam auctoritatem nihil praeter sanam ciuium mentem defuit, restiterat

Vt uero praesidium mitti ab Hannibale audiuit, Pyrrhi superbam dominationem miserabilemque Tarentinorum seruitutem exempla referens, primo ne reciperetur praesidium palam uociferatus est, deinde ut receptum aut eiceretur aut, si malum facinus quod a uetustissimis sociis consanguineisque defecissent forti ac memorabili facinore purgare uellent, ut interfecto Punico praesidio restituerent Romanis se
U n solo uomo si era opposto con ogni sforzo a che tutto ciò non avvenisse e che non fosse mandata ad Annibale alcuna ambasceria, Decio Magio, al quale, perché raggiungesse la massima autorità, nulla mancò al di fuori del retto giudizio dei suoi concittadini

Come egli seppe che Annibale mandava un presidio a Capua, ricordando l'esempio di Pirro, del suo arrogante dominio e della miserabile schiavitù dei Tarentini, dapprima si mise a gridare pubblicamente che non si accogliesse la guarnigione; poi, una volta accolta, che la si respingesse, oppure, se i suoi concittadini volevano con un atto coraggioso e memorabile espiare la brutta azione di aver abbandonato alleati antichissimi, legati a loro da parentela, che trucidassero il presidio cartaginese e si riconsegnassero ai Romani

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Livio, Ab urbe condita: Libro 23; 21-30

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Haec, nec enim occulta agebantur, cum relata Hannibali essent, primo misit qui uocarent Magium ad sese in castra; deinde, cum is ferociter negasset se iturum nec enim Hannibali ius esse in ciuem Campanum, concitatus ira Poenus comprehendi hominem uinctumque attrahi ad sese iussit

Veritus deinde ne quid inter uim tumultus atque ex concitatione animorum inconsulti certaminis oreretur, ipse praemisso nuntio ad Marium Blossium, praetorem Campanum, postero die se Capuae futurum, proficiscitur e castris cum modico praesidio

Marius contione aduocata edicit, ut frequentes cum coniugibus ac liberis obuiam irent Hannibali

Ab uniuersis id non obedienter modo sed enixe, fauore etiam uolgi et studio uisendi tot iam uictoriis clarum imperatorem, factum est
Poiché queste cose, che non avvenivano di nascosto, furono riferite ad Annibale, questi dapprima mandò a chiamare Magio, perché venisse da lui nel suo accampamento; poi, avendo Magio fieramente ricusato di andare, dicendo che Annibale non aveva alcun diritto sopra un cittadino campano, il Cartaginese, acceso d'ira, ordinò di arrestarlo e di trascinarlo legato dinanzi a sé

Tuttavia, temendo che durante il forzato arresto di Magio, nascesse qualche disordine e per l'eccitazione degli animi sorgesse qualche sconsigliato conflitto, Annibale, avendo preavvisato il pretore campano Mario Blossio che egli sarebbe venuto il giorno dopo a Capua, partì dall'accampamento con una piccola scorta

Mario, convocata l'adunanza, intimò ai cittadini di andare in folla con le mogli e coi figli incontro ad Annibale

Tutti quanti eseguirono l'ordine, non solo per obbedienza, ma per entusiasmo, col favore della stessa plebe, per il desiderio di vedere finalmente quel generale famoso per tante vittorie
Decius Magius nec obuiam egressus est nec, quo timorem aliquem ex conscientia significare posset, priuatim se tenuit

in foro cum filio clientibusque paucis otiose inambulauit trepidante tota ciuitate ad excipiendum Poenum uisendumque

Hannibal ingressus urbem senatum extemplo postulat, precantibusque inde primoribus Campanorum ne quid eo die seriae rei gereret diemque ut ipse, aduentu suo festum, laetus ac libens celebraret, quamquam praeceps ingenio in iram erat, tamen, ne quid in principio negaret, uisenda urbe magnam partem diei consumpsit

[8] Deuersatus est apud Ninnios Celeres, Sthenium Pacuuiumque, inclitos nobilitate ac diuitiis
Decio Magio non andò incontro ad Annibale e neppure rimase in casa, per non dare l'impressione che egli avesse qualche timore o rimorso

Si mise tranquillamente a passeggiare nel foro col figlio e con pochi clienti, mentre tutta quanta la città fremeva di entusiasmo per accogliere e vedere Annibale

Questi, entrato in città, chiese che fosse subito convocato il senato; quindi avendolo i capi della città campana pregato che non trattasse subito alcun affare d'importanza; ma che, invece, celebrasse lietamente e di buon animo quel giorno di festa per il suo arrivo, Annibale, sebbene per indole fosse pronto all'ira, pure, per non dire di no subito fin da principio, passò gran parte della giornata visitando la città

8 Annibale fu ospitato presso i Ninni e i Celeri, Stenio e Pacuvio, illustri per nobiltà e ricchezze

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Eo Pacuuius Calauius, de quo ante dictum est, princeps factionis eius quae traxerat rem ad Poenos, filium iuuenem adduxit abstractum ab Deci Magi latere, cum quo ferocissime pro Romana societate aduersus Punicum foedus steterat, nec eum aut inclinata in partem alteram ciuitas aut patria maiestas sententia depulerat

Huic tum pater iuueni Hannibalem deprecando magis quam purgando placauit, uictusque patris precibus lacrimisque etiam ad cenam eum cum patre uocari iussit, cui conuiuio neminem Campanum praeterquam hospites Vibelliumque Tauream, insignem bello uirum, adhibiturus erat

Epulari coeperunt de die, et conuiuium non ex more Punico aut militari disciplina esse sed, ut in ciuitate atque etiam domo diti ac luxuriosa, omnibus uoluptatium inlecebris instructum
Là Pacuvio Calavio, del quale ho già parlato, capo di quella fazione che aveva trascinato la città dalla parte dei Cartaginesi, condusse il giovane figlio, strappato a viva forza dal fianco di Decio Magio, col quale egli fieramente si era schierato in favore dell'alleanza romana contro quella cartaginese; né da questa posizione lo aveva rimosso sia il favore della cittadinanza verso il partito contrario, sia l'autorità paterna

Allora il padre, più con le preghiere che con le scuse, placò lo sdegno di Annibale, che, vinto dalle implorazioni e dalle lacrime di Pacuvio, insieme col padre fece invitare il figlio a quel banchetto, al quale nessun Campano era stato invitato, fuor che gli ospiti e Vibellio Taurea, uomo famoso in guerra

Cominciarono a banchettare che era ancora giorno; il convito non si svolse secondo il costume cartaginese o la sobrietà militare, ma fu preparato con tutte le delicatezze più squisite, come era consuetudine in una città ricca e fastosa

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