Cicerone, Filippiche: 01; 01-07, pag 2

Cicerone, Filippiche: 01; 01-07

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 01; 01-07
Ita sine cura consules sunt ut paene liberum sit senatori non adesse

Qui cum mihi mos notus esset cumque e via languerem et mihimet displicerem, misi pro amicitia qui hoc ei diceret

At ille vobis audientibus cum fabris se domum meam venturum esse dixit

Nimis iracunde hoc quidem et valde intemperanter

Cuius enim malefici tanta ista poena est ut dicere in hoc ordine auderet se publicis operis disturbaturum publice ex senatus sententia aedificatam domum

Quis autem umquam tanto damno senatorem coegit

Aut quid est ultra pignus aut multam

Quod si scisset quam sententiam dicturus essem, remisisset aliquid profecto de severitate cogendi
I consoli sono così senza timore che quasi è concesso al senatore non essere presente

Questa abitudine essendo nota a me e stando io male per il viaggio e dispiacendomi io stesso, mandai per amicizia chi gli dicesse ciò

Ma quello mentre voi ascoltate disse che egli sarebbe venuto con i fabbri a casa mia

Ciò in verità avvenne troppo avventatamente e assai imprudentemente

Infatti è così grande questa punizione di questo delitto da osare affermare in questordine che egli avrebbe abbattuto con pubblici operai una casa edificata a spese pubbliche per decreto del senato

Ma chi mai costrinse un senatore con un così grande danno

O che cosa cè oltre il pegno o la multa

Poiché se avesse saputo quale opinione avrei detto certamente avrebbe rinunciato in parte alla severità di costringermi
[VI] An me censetis, patres conscripti, quod vos inviti secuti estis, decreturum fuisse, ut parentalia cum supplicationibus miscerentur, ut inexpiabiles religiones in rem publicam inducerentur, ut decernerentur supplicationes mortuo

Nihil dico cui

Fuerit ille L Brutus qui et ipse dominatu regio rem publicam liberavit et ad similem virtutem et simile factum stirpem iam prope in quingentesimum annum propagavit: adduci tamen non possem ut quemquam mortuum coniungerem cum deorum immortalium religione; ut, cuius sepulcrum usquam exstet ubi parentetur, ei publice supplicetur

Ego vero eam sententiam dixissem ut me adversus populum Romanum, si qui accidisset gravior rei publicae casus, si bellum, si morbus, si fames, facile possem defendere; quae partim iam sunt, partim timeo ne impendeant
[VI] O padri coscritti forse credete che da me sarebbe stato approvato ciò che voi di mala voglia avete approvato, che le cerimonie funebri si mescolassero con I ringraziamenti che si introduccessero culti inespiabili nello stato, che si ordinassero suppliche per un morto

Non dico per chi

Fosse stato quel famoso bruto che da solo liberò lo stato dal dominio regio e a simile virtù e a tale impresa propagò la stirpe già quasi per cinquecento anni: tuttavia non avrei potuto essere indotto a unire un morto con il culto degli dei immortali; affinché ad uno di cui nessuno esiste un sepolcro dove si faccia un sacrificio, si ringrazi pubblicamente

In verità io avrei detto un tale parere come se qualche caso più grave fosse accaduto allo stato, se una guerra, se una peste, se una carestia, avrei potuto facilmente difendermi di fronte al popolo romano, cose che in parte già ci sono, in parte temo che ci sovrastino
Sed hoc ignoscant di immortales velim et populo Romano qui id non probat, et huic ordini qui decrevit invitus

Quid

De reliquis rei publicae malis licetne dicere

Mihi vero licet et semper licebit dignitatem tueri, mortem contemnere

Potestas modo veniendi in hunc locum sit: dicendi periculum non recuso

Atque utinam, patres conscripti, Kalendis Sextilibus adesse potuissem

non quo profici potuerit aliquid, sed ne unus modo consularis, quod tum accidit, dignus illo honore, dignus re publica inveniretur

Qua quidem ex re magnum accipio dolorem, homines amplissimis populi Romani beneficiis usos L Pisonem ducem optimae sententiae non secutos

Idcircone nos populus Romanus consules fecit ut in altissimo gradu dignitatis locati rem publicam pro nihilo haberemus
Ma vorrei che gli dei immortali perdonassero ciò sia al popolo romano che non lapprova, sia a questo ordine che di mala voglia ha votato

Che

Forse è lecito dire degli altri mali dello stato

A me in verità è lecito e sempre sarà lecito difendere la dignità, disprezzare la morte

Purché vi sia la possibilità di venire in questo luogo non rifiuto il pericolo di parlare

E volesse il cielo che avessi potuto, o padri coscritti, essere presente alle calende di giugno

Non perché sarebbe stato possibile giovare in qualche modo, ma affinché non si trovasse un consolare solo, ciò che allora avvenne, degno di quellonore, della repubblica

Per la qual cosa provo in verità un grande dolore, che uomini che hanno le più alte cariche del popolo romano non abbiano appoggiato Lucio Pisone promotore di unottima proposta

Forse per ciò il popolo romano fece noi consoli affinché posti nel più alto gradi di dignità avessimo in nessun conto la repubblica

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Cicerone, Filippiche: 06; 16-19
Cicerone, Filippiche: 06; 16-19

Latino: dall'autore Cicerone, opera Filippiche parte 06; 16-19

Non modo voce nemo L Pisoni consulari sed ne voltu quidem adsensus est

Quae, malum, est ista voluntaria servitus

Fuerit quaedam necessaria; neque ego hoc ab omnibus eis desidero qui sententiam consulari loco dicunt

Alia causa est eorum quorum silentio ignosco; alia eorum, quorum vocem requiro

Quos quidem doleo in suspicionem populo Romano venire non metu, quod ipsum esset turpe, sed alium alia de causa deesse dignitati suae

[VII] Qua re primum maximas gratias et ago et habeo Pisoni, qui non quid efficere posset in re publica cogitavit, sed quid facere ipse deberet

Deinde a vobis, patres conscripti, peto ut, etiam si sequi minus audebitis orationem atque auctoritatem meam, benigne me tamen, ut fecistis adhuc, audiatis

Primum igitur acta Caesaris servanda censeo, non quo probem - quis enim id quidem potest
Non solo con la voce nessun ex console ma neppure con latteggiamento approvò Lucio Pisone

Che è, diamine, codesta volontaria servitù

Sia stata essa necessaria; né io desidero ciò da tutti quelli che dicono unopinione per la carica consolare

Altra è la ragione di quelli dei quali perdono il silenzio, altra di quelli dei quali richiedo la voce

Dei quali per la verità mi dolgo che cadano in sospetto del popolo romano, che vengano meno alla loro dignità non solo per timore, la quale cosa stessa sarebbe vergognosa, ma chi per una ragione chi per unaltra

[VII] Per cui dapprima sia faccio sia rendo la più grande gratitudine a Pisone, che, non pensò a ciò che potesse effettuare nello stato, ma a quello che egli dovesse fare

Poi a voi, o padri coscritti, domando che, pur se non oserete seguire la mia opinione e autorità, tuttavia ascoltiate me favorevolmente, come finora avete fatto

In primo luogo dunque penso si debbano conservare gli atti di Cesare, non perché li approvi - infatti chi invero potrebbe ciò
- sed quia rationem habendam maxime arbitror pacis atque oti

Vellem adesset M Antonius, modo sine advocatis - sed, ut opinor, licet ei minus valere, quod mihi heri per illum non licuit - doceret me vel potius vos, patres conscripti, quem ad modum ipse Caesaris acta defenderet

An in commentariolis et chirographis et libellis se uno auctore prolatis, ne prolatis quidem sed tantum modo dictis, acta Caesaris firma erunt: quae ille in aes incidit, in quo populi iussa perpetuasque leges esse voluit, pro nihilo habebuntur

Equidem existimo nihil tam esse in actis Caesaris quam leges Caesaris

An, si cui quid ille promisit, id erit fixum quod idem facere non potuit

Ut multis multa promissa non fecit: quae tamen multo plura illo mortuo reperta sunt quam a vivo beneficia per omnis annos tributa et data
- ma perché penso si debba considerare soprattutto il motivo della pace e dellozio

Vorrei che fosse presente Marco Antonio, purché senza protettori - ma come credo a lui è lecito non star bene, la quale cosa per lui ieri a me non era lecito - dovrebbe a me insegnare o meglio a voi, o padri coscritti, come egli stesso difenderebbe gli atti di Cesare

O saranno fisse le leggi di Cesare negli appunti e autografi e taccuini pubblicati essendo un solo autore, anzi neppure pubblicati ma soltanto detti, e quelli che egli fece incidere nel bronzo, in cui volle che fossero i diritti del popolo e le leggi stabili, per niente si terranno in conto

Invero io penso che niente sia tanto importante negli atti di Cesare, quanto le leggi di Cesare

Forse se quello promise qualcosa a qualcuno, sarebbe obbligo mantenere ciò che egli stesso non mantenne

Poiché non mantenne molte promesse a molti: le quali tuttavia essendo lui morto si trovarono molto più numerose dei benefici tributati e dati in ogni anno da vivo

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Sed ea non muto, non moveo: summo studio illius praeclara acta defendo

Pecunia utinam ad Opis maneret

Cruenta illa quidem, sed his temporibus, quoniam eis quorum est non redditur, necessaria

Quamquam ea quoque sit effusa, si ita in actis fuit

Ecquid est quod tam proprie dici possit actum eius qui togatus in re publica cum potestate imperioque versatus sit quam lex

Quaere acta Gracchi: leges Semproniae proferentur; quaere Sullae: Corneliae

Quid

Pompei tertius consulatus in quibus actis constitit

Nempe in legibus

De Caesare ipso si quaereres quidnam egisset in urbe et in toga, leges multas responderet se et praeclaras tulisse, chirographa vero aut mutaret aut non daret aut, si dedisset, non istas res in actis suis duceret
Ma non cambio, non smuovo quelli: difendo con sommo impegno gli atti di lui famosi

Volesse il cielo si conservasse il denaro presso Opi

Quello invero insanguinato, ma in queste circostanze necessario, poiché non è restituito a quelli dei quali è

Sebbene anche quello sia stato speso, se così fu negli atti

Che cosa vè che tanto giustamente possa dirsi atto di uno, che togato visse nello stato con potere e comando, quanto la legge

Richiedi gli atti di Gracco, le leggi Sempronio ti saranno portate, richiedi gli atti di Silla: saranno portate le Cornelie

E che

Il terzo consolato di Pompeo consistette in questi atti

Certamente nelle leggi

Se domandassi a Cesare stesso che mai abbia fatto nella città e in toga, risponderebbe di aver pubblicato molte e famose leggi, mentre o muterebbe gli scritti o non li pubblicherebbe, o se li avesse pubblicati non li porterebbe questi nei suoi atti
Sed haec ipsa concedo; quibusdam etiam in rebus coniveo; in maximis vero rebus, id est in legibus, acta Caesaris dissolvi ferendum non puto Ma concedo queste stesse cose, anche su alcune cose chiudo un occhio, ma nelle più grandi cose, cioè nelle leggi, non ritengo si debba tollerare che gli atti di Cesare siano annullati

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