Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 16, pag 4

Seneca, Lettere a Lucilio: Libro 16

Latino: dall'autore Seneca, opera Lettere a Lucilio parte Libro 16
Ceterum frequenter de illo loquere et memoriam eius quantum potes celebra; quae ad te saepius revertetur si erit sine acerbitate ventura; nemo enim libenter tristi conversatur, nedum tristitiae

Si quos sermones eius, si quos quamvis parvoli iocos cum voluptate audieras, saepius repete; potuisse illum implere spes tuas, quas paterna mente conceperas, audacter adfirma

Oblivisci quidem suorum ac memoriam cum corporibus efferre et effusissime flere, meminisse parcissime, inhumani animi est

Sic aves, sic ferae suos diligunt, quarum contria concitatus actus est amor et paene rabidus, sed cum amissis totus extinguitur

Hoc prudentem virum non decet: meminisse perseveret, lugere desinat

'Illud nullo modo probo quod ait Metrodorus, esse aliquam cognatam tristitiae voluptatem, hanc esse captandam in eiusmodi tempore

Ipsa Metrodori verba subscripsi
Per il resto parla sovente di lui, esalta quando puoi il suo ricordo: ti ritornerà più spesso alla memoria, se non sarà doloroso: nessuno sta volentieri con una persona triste, tanto meno con la tristezza

Se avevi ascoltato con piacere qualche suo discorso, qualche battuta spiritosa anche se di bambino, ricordali di frequente; afferma senza esitazione che avrebbe potuto realizzare le speranze che tu come padre avevi concepito

Dimenticarsi dei propri cari e seppellirne col cadavere il ricordo, piangere a dirotto e poi ricordarli raramente, è disumano

Gli uccelli, le belve amano così i loro piccoli: il loro amore è ardente e quasi furioso, ma, quando li hanno perduti, si estingue interamente

un comportamento indegno di un saggio: mantenga il ricordo, ma smetta di piangere

Non sono affatto d'accordo con l'affermazione di Metrodoro: c'è un piacere affine alla tristezza e lo dobbiamo cogliere in queste circostanze

Ti trascrivo qui di seguito proprio le sue parole
Metrodoron epistolon pros ten adelphen

estin gar tis hedone lupe suggenes, hen chre thereuein kata touton ton kairon

De quibus non dubito quid sis sensurus; quid enim est turpius quam captare in ipso luctu voluptatem, immo per luctum, et inter lacrimas quoque quod iuvet quaerere

Hi sunt qui nobis obiciunt nimium rigorem et infamant praecepta nostra duritiae, quod dicamus dolorem aut admittendum in animum non esse aut cito expellendum

Utrum tandem est aut incredibilius aut inhumanius, non sentire amisso amico dolorem an voluptatem in ipso dolore aucupari

Nos quod praecipimus honestum est: cum aliquid lacrimarum adfectus effuderit et, ut ita dicam, despumaverit, non esse tradendum animum dolori

Quid, tu dicis miscendam ipsi dolori voluptatem

sic consolamur crustulo pueros, sic infantium fletum infuso lacte conpescimus
Metrodoron epistolon pros ten adelphen

estin gar tis hedone lupe suggenes, hen chre thereuein kata touton ton kairon

Non ho dubbi sul tuo giudizio in proposito; niente è più infame che dar la caccia al piacere proprio nel dolore, anzi tramite il dolore, e cercare un godimento anche fra le lacrime

Sono questi gli individui che ci rinfacciano un'eccessiva severità e accusano di durezza i nostri insegnamenti, perché diciamo che il dolore non va accolto nell'anima oppure va scacciato subito

E dunque, è più incredibile o più disumano non soffrire per la perdita di un amico o andare in cerca del piacere proprio nel dolore

Il nostro insegnamento è onesto: quando abbiamo versato qualche lacrima e l'urgenza dei sentimenti è, come dire, sbollita, non dobbiamo abbandonarci al dolore

Ma come Tu vuoi mescolare il piacere al dolore

Così con uno zuccherino consoliamo i bimbi, così ne plachiamo il pianto dandogli del latte
Ne illo quidem tempore quo filius ardet aut amicus expirat cessare pateris voluptatem, sed ipsum vis titillare maerorem

Utrum honestius dolor ab animo summovetur an voluptas ad dolorem quoque admittitur

Admittitur dico

Captatur, et quidem ex ipso

Est aliqua inquit voluptas cognata tristitiae

Istuc nobis licet dicere, vobis quidem non licet

Unum bonum nostis, voluptatem, unum malum, dolorem: quae potest inter bonum et malum esse cognatio

Sed puta esse: nunc potissimum eruitur

Et ipsum dolorem scrutamur, an aliquid habeat iucundum circa se et voluptarium

Quaedam remedia aliis partibus corporis salutaria velut foeda et indecora adhiberi aliis nequeunt, et quod aliubi prodesset sine damno verecundiae, id fit inhonestum loco vulneris: non te pudet luctum voluptate sanare

Severius ista plaga curanda est
Neppure mentre tuo figlio brucia nel rogo e l'amico si spegne, ammetti che il piacere venga meno, ma vuoi solleticare perfino la tristezza

più onesto scacciare dall'animo il dolore o accordare il piacere anche al dolore

Accordare dico

si cerca di averlo e proprio dal dolore

Esiste un piacere, affermano, affine alla tristezza

Questo lo possiamo dire noi, non voi

Voi conoscete un solo bene, il piacere, e un solo male, il dolore: che affinità ci può essere fra il bene e il male

Ma immagina che ci sia: la scopriamo proprio adesso

E scrutiamo il dolore per vedere se porta con sé qualcosa di piacevole e di voluttuoso

Rimedi salutari per certe parti del corpo non si possono usare per altre, perché sono indecenti e sconvenienti, e quello che altrove gioverebbe senza ledere il pudore, diventa indecoroso per il punto della ferita: non ti vergogni di guarire un dolore con il piacere

Questa piaga va curata più seriamente

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Illud potius admone, nullum mali sensum ad eum qui perit pervenire; nam si pervenit, non perit

Nulla, inquam, res eum laedit qui nullus est: vivit si laeditur

Utrum putas illi male esse quod nullus est an quod est adhuc aliquis

Atqui nec ex eo potest ei tormentum esse quod non est quis enim nullius sensus est

nec ex eo quod est; effugit enim maximum mortis incommodum, non esse

Illud quoque dicamus ei qui deflet ac desiderat in aetate prima raptum: omnes, quantum ad brevitatem aevi, si universo compares, et iuvenes et senes, in aequo sumus

Minus enim ad nos ex aetate omni venit quam quod minimum esse quis dixerit, quoniam quidem minimum aliqua pars est: hoc quod vivimus proximum nihilo est; et tamen, o dementiam nostram, late disponitur
Ricordati piuttosto che chi è morto non sente nessun male: se lo sente, non è morto

Niente fa soffrire chi non c'è più, ti ripeto: se soffre, è vivo

Pensi che una persona stia male perché non esiste più o perché esiste ancòra

Eppure non può soffrire per il fatto di non esistere ha forse sensibilità il nulla

e nemmeno per il fatto di esistere, poiché in questo caso è sfuggito al danno più grave della morte: il non essere

Se uno è in lacrime e rimpiange il figlio morto nella prima infanzia, diciamogli anche questo: noi tutti, giovani e vecchi, per la brevità della nostra vita, se confrontata con l'universo, siamo nella medesima condizione

Di tutto il tempo a noi tocca meno di quello che uno potrebbe definire il minimo, perché il minimo è pur sempre una parte: la nostra vita è quasi un nulla; e tuttavia, pazzi, facciamo progetti a lungo termine
'Haec tibi scripsi, non tamquam expectaturus esses remedium a me tam serum liquet enim mihi te locutum tecum quidquid lecturus es sed ut castigarem exiguam illam moram qua a te recessisti, et in reliquum adhortarer contra fortunam tolleres animos et omnia eius tela non tamquam possent venire sed tamquam utique essent ventura prospiceres

Vale

' Fabiani Papiri libros qui inscribuntur civilium legisse te cupidissime scribis, et non respondisse expectationi tuae; deinde oblitus de philosopho agi compositionem eius accusas

Puta esse quod dicis et effundi verba, non figi

Primum habet ista res suam gratiam et est decor proprius orationis leniter lapsae; multum enim interesse existimo utrum exciderit an fluxerit

Adice nunc quod in hoc quoque quod dicturus sum ingens differentia est
Ti scrivo questo non perché tu aspetti da me un rimedio così tardivo (sono certo che ti sei già detto tutto quanto leggerai), ma per rimproverarti quel breve momento di esitazione in cui hai deviato da te stesso, e incitarti per l'avvenire a farti animo contro la fortuna e a guardare a tutti i suoi colpi non come eventuali, ma come sicuri

Stammi bene

Mi scrivi di aver letto con grande avidità i libri di Fabiano Papirio sulla politica, ma che hanno deluso le tue aspettative; poi, dimenticando che si tratta di un filosofo, ne critichi la forma

Supponiamo che sia come tu dici e che le parole vengano messe giù senza un'architettura precisa

Prima di tutto, questo stile ha una sua attrattiva ed è la bellezza di una prosa che scivola via dolcemente; secondo me scorrere e venir fuori a precipizio sono due cose molto diverse

Inoltre c'è una grande differenza anche in quello che sto per dire

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Fabianus mihi non effundere videtur orationem sed fundere; adeo larga est et sine perturbatione, non sine cursu tamen veniens

Illud plane fatetur et praefert, non esse tractatam nec diu tortam

Sed ita, ut vis, esse credamus: mores ille, non verba composuit et animis scripsit ista, non auribus

Praeterea ipso dicente non vacasset tibi partes intueri, adeo te summa rapuisset; et fere quae impetu placent minus praestant ad manum relata

sed illud quoque multum est, primo aspectu oculos occupasse, etiam si contemplatio diligens inventura est quod arguat

Si me interrogas, maior ille est qui iudicium abstulit quam qui meruit; et scio hunc tutiorem esse, scio audacius sibi de futuro promittere
per me Fabiano riversa la sua eloquenza, senza, però uscire dagli argini; è un'eloquenza ampia, pacata, e tuttavia, ha un suo impeto

Questo indica chiaramente e dimostra immediatezza e spontaneità

Ma ammettiamo che tu abbia ragione: l'intento di Fabiano era di dare una regola ai costumi, non alle parole, e ha scritto per educare, non per diletto

poi, se lo avessi sentito parlare, non avresti avuto modo di badare ai particolari, tutto preso dal succo del discorso; e in genere quello che piace per l'impeto dell'oratore, una volta trascritto rende meno

Ma è già molto che l'opera attragga a prima vista l'attenzione di chi legge, anche se a un esame più accurato si troveranno delle pecche

Vuoi sapere come la penso Chi strappa un giudizio favorevole vale di più di uno che questo giudizio lo merita; eppure so che quest'ultimo va più sul sicuro, so che può nutrire speranze più audaci di futuri successi
Oratio sollicita philosophum non decet: ubi tandem erit fortis et constans, ubi periculum sui faciet qui timet verbis

Fabianus non erat neglegens in oratione sed securus

Itaque nihil invenies sordidum: electa verba sunt, non captata, nec huius saeculi more contra naturam suam posita et inversa, splendida tamen quamvis sumantur e medio

Sensus honestos et magnificos habes, non coactos in sententiam sed latius dictos

Videbimus quid parum recisum sit, quid parum structum, quid non huius recentis politurae: cum circumspexeris omnia, nullas videbis angustias inanis

Desit sane varietas marmorum et concisura aquarum cubiculis interfluentium et pauperis cella et quidquid aliud luxuria non contenta decore simplici miscet: quod dici solet, domus recta est
Non è bene che l'eloquenza di un filosofo sia eccessivamente ricercata: se uno si preoccupa per le parole, non può riuscire vigoroso e fermo, non può mettere alla prova se stesso

Fabiano non si curava della forma, ma non era sciatto

Non troverai niente di volgare: le parole sono scelte, non ricercate, non ne capovolge il senso impiegandole in accezioni opposte alla norma secondo la moda di oggi, e, benché siano prese dal linguaggio comune, sono eleganti

I concetti sono nobili ed elevati, espressi piuttosto diffusamente e non ridotti a sentenze

Potremo scoprire qualche ridondanza, qualche frase mal costruita, qualche elemento privo di questa eleganza oggi in uso: ma in tutto l'insieme non troverai pensieri meschini e vuoti

Una casa anche se non ha varietà di marmi, acqua corrente nelle diverse camere, la cosiddetta stanzetta del povero e tutto ciò che il lusso non contento di ornamenti semplici mette insieme, è pur sempre, come si dice, una buona casa

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Adice nunc quod de compositione non constat: quidam illam volunt esse ex horrido comptam, quidam usque eo aspera gaudent ut etiam quae mollius casus explicuit ex industria dissipent et clausulas abrumpant ne ad expectatum respondeant

Lege Ciceronem: compositio eius una est, pedem curvat lenta et sine infamia mollis

At contra Pollionis Asinii salebrosa et exiliens et ubi minime expectes relictura

Denique omnia apud Ciceronem desinunt, apud Pollionem cadunt, exceptis paucissimis quae ad certum modum et ad unum exemplar adstricta sunt

Humilia praeterea tibi videri dicis omnia et parum erecta: quo vitio carere eum iudico

Non sunt enim illa humilia sed placida et ad animi tenorem quietum compositumque formata, nec depressa sed plana
Inoltre, i pareri sullo stile sono discordi: certi vogliono che la bellezza derivi dalla semplicità, a certi altri piace la durezza al punto che, se per caso qualche frase risulta troppo dolce, la guastano di proposito e spezzano le clausole per renderle inaspettate

Leggi Cicerone: il suo stile è unitario, segue un ritmo lento, è dolce, ma senza eccessi

Invece quello di Asinio Pollione è scabro, ineguale e si ferma quando meno te l'aspetti

Insomma, in Cicerone i periodi terminano, in Pollione si interrompono, tranne pochissime eccezioni in cui sono legati a un ritmo determinato e a un unico modello

Affermi, inoltre, che secondo te in Fabiano tutto è terra terra e poco elevato: a mio parere è un difetto che non ha

Le sue espressioni non sono terra terra, ma pacate, e nascono da uno stato d'animo tranquillo e sereno; non sono basse, ma chiare
Deest illis oratorius vigor stimulique quos quaeris et subiti ictus sententiarum; sed totum corpus, videris quam sit comptum, honestum est

Non habet oratio eius sed dabit dignitatem

Adfer quem Fabiano possis praeponere

Dic Ciceronem, cuius libri ad philosophiam pertinentes paene totidem sunt quot Fabiani: cedam, sed non statim pusillum est si quid maximo minus est

Dic Asinium Pollionem: cedam, et respondeamus: in re tanta eminere est post duos esse

Nomina adhuc T Livium; scripsit enim et dialogos, quos non magis philosophiae adnumerare possis quam historiae, et ex professo philosophiam continentis libros: huic quoque dabo locum

Vide tamen quam multos antecedat qui a tribus vincitur et tribus eloquentissimis
Mancano di vigore oratorio, di quella capacità di incitare, che tu chiedi, e di colpire con frasi inattese; ma l'insieme, ne avrai notata l'eleganza, è bello

La sua eloquenza è priva di grandiosità, ne dà, tuttavia, il senso

Citami qualche scrittore da anteporre a Fabiano

Cicerone, i cui libri di filosofia sono all'incirca numerosi quanto quelli di Fabiano; d'accordo, ma se uno è inferiore a chi è grandissimo, non per questo è da poco

Asinio Pollione: va bene; però ti rispondo: occupare il terzo posto in un campo così importante equivale a distinguersi

Fai ancòra il nome di Tito Livio; ha scritto anche dei dialoghi che si possono considerare storici e filosofici, e dei libri specificatamente filosofici: faccio posto anche a lui

Vedi, tuttavia, quanti autori si lasci alle spalle uno che è superato solo da tre e per giunta straordinariamente eloquenti

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Sed non praestat omnia: non est fortis oratio eius, quamvis elata sit; non est violenta nec torrens, quamvis effusa sit; non est perspicua sed pura

'Desideres' inquis 'contra vitia aliquid aspere dici, contra pericula animose, contra fortunam superbe, contra ambitionem contumeliose

Volo luxuriam obiurgari, libidinem traduci, inpotentiam frangi

Sit aliquid oratorie acre, tragice grande, comice exile

' Vis illum adsidere pusillae rei, verbis: ille rerum se magnitudini addixit, eloquentiam velut umbram non hoc agens trahit

Non erunt sine dubio singula circumspecta nec in se collecta nec omne verbum excitabit ac punget, fateor; exibunt multa nec ferient et interdum otiosa praeterlabetur oratio, sed multum erit in omnibus lucis, sed ingens sine taedio spatium
Fabiano, però non eccelle in tutto: la sua eloquenza non è vigorosa, anche se elevata; non è impetuosa e irruente, anche se sciolta; è schietta, ma non limpida

Le sue parole, dici dovrebbero essere più severe contro i vizi, più coraggiose contro i pericoli, più altere contro la fortuna, più oltraggiose contro l'ambizione

Vorrei che biasimasse il lusso, schernisse la libidine, rintuzzasse la prepotenza

Che ci fosse in lui la veemenza dell'oratoria, la grandezza della tragedia, l'asciuttezza della commedia

Tu vorresti che Fabiano badasse a una cosa da poco: le parole; lui si è dedicato alla grandezza dell'argomento, e si è trascinato dietro l'eloquenza come un'ombra, senza curarsene

I singoli elementi sono senza dubbio poco meditati e mal collegati tra loro, non tutte le parole sono accese e pungenti, lo ammetto molte espressioni passano inosservate, senza colpire, e il discorso talvolta scorre via senza nerbo; ma in ogni pagina ci sono sprazzi di luce e ne puoi scorrere lunghi brani senza annoiarti

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