Chop Suey - Edward Hopper, 1929

Nell'esterno si scorgono, oltre all'insegna, uno stralcio di cielo e una scala antincendio. Dall'altra finestra in fondo, che illumina un altro tavolino dove siede una coppia, si intravedono invece solo i riflessi geometrici creati dalla luce sulla superficie del vetro. La donna rivolta verso l'osservatore ha un trucco vistoso, in cui il rosso delle labbra è esaltato dal candido incarnato, e nonostante sia rivolta verso l'altra donna, lo sguardo è perso lontano. Le due protagoniste sono dunque vicine ma totalmente immerse nella loro solitudine, così come accade anche all'uomo e alla donna del tavolino alle loro spalle, comprimari della rappresentazione che Hopper offre della incomunicabilità e dell'isolamento. L'artista utilizza l'artificio delle ombre sfalsate, che non corrispondono cioè alla realtà fisica, per aumentare l'atmosfera di mistero e di inquietudine. L'ambientazione e la figura femminile assorta dimostrano inoltre l'influenza che opere come La prugna di Manet o L'assenzio di Degas ebbero su Hopper, il quale traspose i modelli derivanti dalla pittura impressionista nella realtà americana.

La moda degli anni trenta è visibile nei cappelli e negli abiti delle tre donne. La loro immobilità gestuale le fa sembrare più bambole che persone, e anche il pesante trucco dei loro volti accentua questa fissità.

Nell'ottobre del 1906 Hopper visita per la prima volta Parigi: l'esperienza nella capitale francese, il contatto con la cultura, l'arte Europea, in particolare quella degli impressionisti, e l'atmosfera della città risultano fondamentali per la vita del giovane e della sua attività di pittore. 

Durante l'estate dell'anno successivo viaggia molto per l'Europa visitando Londra, Amsterdam, dove può ammirare La ronda di notte di Rembrandt, quindi ancora Berlino e nuovamente a Parigi. Tornato a New York, Sulla scorta delle nuove tendenze, prende parte all'esposizione all'Old Harmonie Club Building