Tre donne al potere nella dinastia dei Severi

Tre donne al potere nella dinastia dei Severi

Nell'animo dell'uomo Romano albergavano due principali paure: quella di essere avvelenato dai figli maschi, per poter ereditare così il patrimonio familiare, e quella che le donne si potessero ubriacare e perdere quella "pudicitia"che permetteva loro di avere sempre un comportamento adeguato in pubblico

Le femmine, avevano un ruolo strettamente vincolato alla funzione riproduttiva, canone classico del mondo antico. Servivano figli, specialmente maschi, per far funzionare lo Stato, per infoltire i ranghi degli eserciti e avere personale da avviare alle carriere politiche.

In questo mondo così rigidamente codificato, nei ruoli e nelle apparenze, così formalmente articolato e vincolato alla legge dell'auto rappresentazione, dove l'uomo è colui che conduce le attività pubbliche dello Stato, da sempre, ecco che agli albori della tarda antichità, incontriamo tre donne che sembrano in rottura con tutto questo. Giulia Mesa, sorella della forse più celebre Giulia Domna, moglie di Settimio Severo, e poi le due figlie, Giulia Soemia e Giulia Mamea, che furono madri di due imperatori "Severi", rispettivamente Eliogabalo e Alessandro Severo.

Le tre Giulie riuscirono a tenere il potere a Roma per un periodo molto lungo, dal 218 fino al 235 d.C., due di loro, nonna e madre, sedendo addirittura in Senato.

Questo incredibile lungo periodo, dove furono donne a influenzare enormemente le vicende di Roma, spesso cammina sottotraccia, rispetto alle vicende che riguardavano l'urbe e i vari imperatori che si salirono agli onori.

Giulia Mesa, Giulia Soemia, Giulia Mamea, rispettivamente madre e figlie, non furono da un punto di vista prettamente formale delle vere e proprie imperatrici, tuttavia furono loro a detenere il potere a Roma per quasi 17 anni, dal 218 al 235 d.C.

Questi anni che chiudono storicamente l'epoca dei Severi - quarta dinastia imperiale - ebbero come imperatori Elagabalo, da alcuni definito anche Eliogabalo, e suo cugino Alessandro Severo.

I due arrivarono al trono giovanissimi, poco più che ragazzi e, sia pure con diverse modalità e motivazioni, finirono di fatto per cedere il proprio potere alle rispettive madri e alla nonna.

La nonna Mesa in particolare fu la vera artefice della loro ascesa e della loro successione; fu lei, apparentemente nell'ombra, a tirare i fili della politica e dell'amministrazione a Roma e fu sempre lei a prendere molte di quelle decisioni cruciali che finirono per caratterizzare quel periodo. Soemia e Mamea, che si avvicendarono al potere con i rispettivi figli, non ebbero invece la medesima sagacia ed intelligenza della madre, ma seppero conquistarsi comunque il primo piano e grande celebrità tra i contemporanei.

Le tre Giulie, che avevano vissuto alla corte di Caracalla e ancora prima a quella di Settimio Severo, avevano toccato con mano cosa significava regnare, quali onori comportava, quale benessere garantiva e quali sogni permetteva di realizzare; mai si sarebbero tirati indietro di fronte alla prospettiva di vivere in prima persona a tutto questo

LA MORTE DI CARACALLA

L'8 aprile del 217 d.C Caracalla venivo ucciso in Siria. La congiura nella quale erano coinvolti diversi comandanti dell'esercito, soldati e lo stesso prefetto del Pretorio, Marco Opellio Macrino, colse l'imperatore impreparato durante il trasferimento al tempio del Dio Luno, presso Carre, dove voleva compiere dei sacrifici propiziatori.

Dopo qualche giorno Macrino, approfittando del fatto che Caracalla non aveva discendenza né parenti stretti - se si esclude la madre Giulia Domna - si fece proclamare imperatore dalle legioni che stanziavano nella regione per la guerra contro i Parti.

Macrino fece cremare il corpo del predecessore e ne inviò le ceneri alla madre Giulia Domna che si trovava ad Antiochia. Successivamente le ceneri vennero mandate a Roma e tumulate nel Mausoleo di Adriano, la tomba in cui erano state deposte le spoglie di tutti gli imperatori Antonini e Severi

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Dinastia degli imperatori: Settimio Severo Caracalla Elagabalo Alessandro Severo

ELAGABALO DIVENTA IMPERATORE

Nel frattempo una ribellione scoppiò nella città di Emesa, ai confini del deserto siriano, a quasi 160 miglia da Antiochia. Emesa era la città di origine della defunta Giulia Domna, ma era anche la città dove viveva sua sorella Giulia Mesa. A ribellarsi fu la III Legione Gallica di stanza in quella zona. Un'intera Legione che si era sollevata e aveva incomprensibilmente proclamato imperatore un ragazzino di 14 anni, nipote a quanto pare della stessa Giulia Mesa.

Era Il 16 maggio del 218 dopo Cristo.

Questa regione era nata in Italia all'epoca delle campagne di Giulio Cesare, due secoli e mezzo prima, ma dopo la guerra giudaica era stata trasferita in Siria. Da allora era composta esclusivamente da soldati nati sul posto. All'epoca i militari siriani e asiatici in generale erano considerati i meno validi dell'impero: indisciplinati ed infiacchiti.

Macrino inviò il prefetto del Pretorio Ulpio Giuliano con i suoi uomini a richiamare all'ordine i legionari ammutinatisi. I rivoltosi si asserragliarono tra le mura e dall'alto di queste, mostrarono il ragazzino sostenendo che era figlio di Caracalla. Tutti i presenti avvamparono di entusiasmo, un entusiasmo alimentato abilmente dai soldi ai gioielli che la madre e la nonna del nuovo idolo distribuirono a piene mani.

Giuliano tentò la fuga ma fu catturato e ucciso. Macrino mise insieme tutte le truppe che aveva ancora a disposizione per marciare contro il nemico. Il grosso delle legioni però era stato rimandato nelle varie province di provenienza e i pochi soldati rimasti erano sempre più attratti dal fascino che esercitava il presunto figlio di Caracalla, oltre che dalle ricchezze immense che la sua famiglia sembrava voler distribuire a tutti.

L'8 giugno del 218 d.C., a poche miglia da Antiochia, Macrino si diede alla fuga subito dopo lo scontro. Cercò di mettersi in salvo partendo per Roma ma fu catturato, ucciso e decapitato. Il nuovo imperatore, che già allora veniva chiamato Elagabalo, venne riconosciuto anche dal Senato di Roma

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il suo nome era Lucio Domizio Enobarbo, divenuto il quinto imperatore di Roma con il nome di Nerone. Nasce ad Anzio nel dicembre del 37 d.C. sotto il regno di Caligola fratello di sua madre Agrippina

IL DIO ELAGABALO

C'era un problema, il giovane Elagabalo era probabilmente più legato al suo Dio, ai suoi simboli al suo cerimoniale, che non a l'idea di essere un regnante.

A soli 14 anni il ragazzino conosceva solo il suo Dio e da un anno, i riti a esso connessi. Riti in cui si era immerso totalmente, immedesimandosi con tutta la sua personalità immatura e facilmente influenzabile, nel ruolo di gran sacerdote. Tutta la sua esistenza era indissolubilmente legata a quella dimensione religiosa.

La prospettiva di partire per Roma abbandonando tutto ciò di cui aveva vissuto per oltre un anno non doveva allertarlo molto. Si giunse ad un compromesso: Elagabalo avrebbe fatto l'imperatore mantenendo il suo ruolo di sacerdote, non solo: per non abbandonare il suo Dio a Emesa, lo avrebbe portato con sé a Roma. Oltre al culto, avrebbe portato a Roma anche il betilo, la pietra nera che rappresentava il Dio stesso Elagabalo.

Perché Mesa accettò il compromesso?

Perché il nipote non le diede altra scelta. L'ostinazione di Elagabalo nel voler mantenere il suo ruolo sacerdotale, è confermata dalla relativa facilità con cui Mesa, qualche anno più tardi, riuscirà a convincerlo a cedere il potere amministrativo e politico per dedicarsi a tempo pieno al sacerdozio.

ELAGABALO DESIGNA IL SUO CESARE

Ciò che più premeva a Elagabalo era introdurre a Roma il suo Dio. La prevaricazione messa in atto dall'imperatore diveniva ancora più indigesta - quasi una beffa - dal momento in cui costrinse i suoi sudditi, i senatori soprattutto, ad assistere alle cerimonie dedicate alla sua pietra nera, il Dio Elagabalo.

È chiaro che Elagabalo apparisse ormai fuori controllo. imprevedibile e tormentato com'era, ci si poteva aspettare di tutto da lui. La situazione era quanto mai precaria e rischiosa. Mesa che, fin dal primo giorno a Roma aveva fatto di tutto per consigliarlo, alla fine si arrese. Ma se il nipote rischiava di perdere il regno, anche lei e le figlie rischiavano seriamente di uscire di scena perdendo il potere una volta per tutte.

Così nell'estate del 221, cercò di convincere Elagabalo che per potersi dedicare interamente al suo Dio e ai suoi impegni sacerdotali, doveva demandare tutte le altre incombenze imperiali a qualcun altro.

Naturalmente Il prescelto doveva essere una persona di fiducia per la famiglia Imperiale e al contempo non compromessa agli occhi di Senato e militari. Questa persona non poteva che essere suo cugino Alessiano, il figlio di Giulia Mamea, che nel 221 compiva 12 o 13 anni.

Elagabalo accettò la proposta senza troppe remore. 

Designando Alessiano come suo Cesare, lo adottava anche come proprio figlio, risolvendo finalmente la questione dell'erede che tutti volevano da lui, costringendolo ad inseguire donne che non desiderava e ad imbarcarsi in matrimonio insensati.

La nomina del futuro Severo Alessandro come Cesare, con poteri politici, amministrative, giudiziari e militari, fu un altro capolavoro di Giulia Mesa.

l'anziana matriarca Della gens dei Severi aveva con intelligenza e saggezza, fatto valere la propria volontà, mettendo al sicuro gli interessi suoi e della famiglia

LA MORTE DI ELAGABALO E DELLA MADRE GIULIA SOEMIA

I militari incominciarono ad acclamare Alessandro e a felicitarsi con lui lasciando in disparte Elagabalo. Secondo alcuni, questa nomina avrebbe fatto litigare anche le sorelle Soemia e Mamea. Evidentemente Le due sorelle esasperate da mesi di guerra sotterranea, non riuscirono a trattenere il proprio rancore finendo per accusarsi reciprocamente di tutto ciò che era successo fino al giorno prima.

Elagabalo venne raggiunto dai pretoriani inferociti e venne ucciso e decapitato. La stessa fine toccò a Soemia - tanto la sua figura era stata accomunata, nel male, a quella del figlio - e a molti dei suoi sodali, Ierocle in primis. I corpi decapitati dell'imperatore e della madre furono attaccati ciascuno ad un cavallo e trascinati per le strade dell'urbe. Esposti al pubblico ludibrio, vennero scempiati in tutte le maniere.

I brandelli del corpo dell'ex imperatore furono poi gettati in una cloaca ma, troppo ingombranti per penetrarvi, furono buttati nel Tevere dopo essere stati zavorrati per impedire il loro eventuale recupero. Tutto questo avveniva indicativamente nella notte tra l'11 e il 12 marzo del 222.

Finiva così il breve e controverso regno di Marco Aurelio Antonino passato alla storia col nome di Elagabalo.

Usciva di scena anche una delle tre protagoniste: Soemia, la figlia maggiore di Giulia Mesa, che per almeno 3 anni aveva dominato, nel bene e nel male, la scena romana in prima persona, esponendosi pubblicamente come imperatrice, come sostenitrice e suggeritrice del primo giovanissimo imperatore di origini siriane.

Anche lei come Elagabolo, fu colpita - su decreto senatorio - da damnatio memoriae e tutte, quasi le sue figure furono distrutte, le sue iscrizioni cancellate

ALESSANDRO SEVERO ELETTO IMPERATORE

Alessandro fu riconosciuto dal Senato come un nuovo imperatore il 13 marzo del 222, assurgeva la più alta carica del mondo romano ed appena 13,14 anni. Era poco più che fanciullo.

Il Senato finì per condannare aspramente nella storia la memoria di Elagabalo ed esaltò all'inverosimile quella del regno del successore. Le donne non ebbero più accesso alla curia

Il regno di Alessandro, che durò 13 anni - una lunghezza considerevole se confrontata con quella di un po' tutti gli altri regni del terzo secolo - fu comunque un regno debole e, sostanzialmente fragile.

Non perché fu dominato dalle donne che si muovevano alle sue spalle, bensì per le caratteristiche della sua stessa figura, della sua personalità. Per la società romana dell'epoca, un ragazzino non era adatto a governare un impero, non era in grado di imporre la sua volontà a uomini ambiziose ed esperti come potevano essere i senatori o i governatori provinciali, men che meno ai più rozzi soldati per i quali contava la forza e l'esempio.

Erodiano è esplicito sostenendo che quando Alessandro salì al trono assunse il titolo imperiale e le forme esteriori del potere, mentre l'amministrazione dello Stato e l'iniziativa di ogni decisione rimasero interamente nelle mani delle sue donne. Se Mamea riuscì a governare per almeno 13 anni dal 222 al 235, prima insieme alla madre e poi da sola, vuol dire che questa donna aveva notevoli abilità.

IL MATRIMONIO

Il 225 fu l'anno del matrimonio di Alessandro. Nel 225 l'imperatore compiva 17 anni e secondo la tradizione romana entrava definitivamente nell'età adulta potendosi quindi sposare. Il nome della nuova imperatrice era: Gnea Seia Erennia Sallustia Barbia Orbiana.  Di nobili natali, era figlia di Seio Sallustio Macrino personaggio di spicco in quel periodo. Il matrimonio dura poco e Alessandro non si sarebbe più risposato, nonostante la sua giovanissima età e l'ottima saluta di cui godette. 

LA FINE

In un periodo in cui c'era forte malcontento tra i soldati e nascevano disordini, alcuni di essi decisero di fare di uno di loro, il nuovo imperatore. Gli gettarono sulle spalle un mantello color porpora e lo proclamarono imperatore nel marzo del 235.

Costui era Massimino, poi detto il Trace. Fu il primo imperatore romano di origini barbariche, eletto senza neanche essere senatore. Da imperatore non mise mai piede a Roma. 

In seguito, fu ucciso Alessandro e la madre Mamea

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